Altre riflessioni al tempo del Coronavirus




Oggi ho uno dei due appuntamenti mensili con il mio blog, ma le cose da fare sono così tante che ogni idea sembrava troppo difficile da sviluppare. 
Mi sono guardata intorno, in quest’epoca storica davvero anomala - o forse solamente così storica da meritare un capitolo speciale nei libri di storia - e mi sono detta che quello che ho attorno - fatto di quattro mura, famiglia, lavoro, cibo, pulizie, bucati - sono le cose davvero importanti, sia a livello personale - intimo - sia a livello epocale. 

A quello che sto per dire devo premettere un piccolo, umile pensiero. In questo periodo mi reputo non solo fortunata, ma privilegiata.
Penso a tutti coloro che il lavoro lo hanno perso, a chi lavora negli ospedali, nei supermercati, chi fa il corriere, chi raccoglie l’immondizia e pulisce le strade e le città. Ma, soprattutto, penso a coloro che sono finiti in ospedale, in terapia intensiva, e a chi non può assistere e raccontare quello che sta accadendo.

Scrivere di questa situazione da un computer, in casa, è da privilegiati. 

Da un punto di vista strettamente personale, dirò solo che la quarantena non è un peso, affatto: mi piacciono i ristoranti, i musei, i cinema, le passeggiate, ma molto di più amo stare a casa, perché in casa posso approfondire e dare vita a tutte le mie passioni - nel modo più comodo possibile. Aggiungo che ho sempre amato andare nei luoghi pubblici nei momenti di minor folla - non dimenticherò mai un giro chilometrico per il centro di Roma, tra musei e luoghi storici, di sedici agosto. Eravamo praticamente in due, il silenzio regnava e, in più, il clima ci aveva fatto il dono di abbassare le temperature, tanto che io camminai indossando un golfino a maniche lunghe per tutto il tempo. 

Detto ciò, penso che, se hai la testa, la tua casa può permetterti di ampliare gli orizzonti come non mai. Le persone hanno paura di annoiarsi e invece è proprio la noia - o la stasi -  ciò che ci dà la spinta per intraprendere cose nuove. 

Da questi quaranta-e-boh giorni che sono in casa ho imparato quanto segue:

Da un cartone con i manici si può ricavare un’automobile, dalla scatola di un giocattolo si può ricavare uno scivolo, purché si faccia una piccola fossetta al centro.

Puoi avere tutte le piattaforme di streaming del mondo, alla fine andrai a vedere la serie tv - e solo quella - che ti rappresenta meglio in quel preciso momento. Ora: This is us

A volte preferisci le repliche delle vecchie serie all’inizio di una nuova. La compagnia del cigno è così ben fatta che merita tutta la mia seconda visione. 

DisneyPlus è più per i genitori (nati negli anni Ottanta) che per i figli. 

Internet e gli shop online sono una risorsa meravigliosa. Finalmente ho potuto far entrare in casa carne di allevamenti lucani, agrumi di Sicilia, l'olio di olivi e frantoi liguri e pugliesi, la pasta di Gragnano, la farina di molini dai grani antichi e biologici, bontà varie dalle zone terremotate, il latte e i formaggi di piccole fattorie, frutta e verdura di agricoltori locali: l'incontro con queste realtà autentiche e radicate nel territorio mi hanno permesso di dare al mio frigorifero un profumo di terra e di cose passate che avevo dimenticato. Il tutto con una velocità di consegna che le grandi distribuzioni ora non hanno. 

Per quello che mi riguarda, la scuola non ha che da guadagnare da una situazione del genere. Non so come si risolverà la questione del distanziamento sociale in classe. Tuttavia, pensando a un futuro in cui ciò sarà risolto e si tornerà in aula come un tempo, sono convinta che la classe in presenza debba avere un suo parallelo nella classe online: la classe virtuale dà la possibilità di ampliare il lavoro in classe ben oltre l’ora consentita in presenza, di fare approfondimenti, di dare compiti diversi, nuovi, di avvicinare alunni e docenti ogni volta che se ne senta il bisogno. Io vedo grandi potenzialità, perché la giornata di una classe - e il suo potere - può gonfiarsi e farsi più ricca. 

Sono quindi convinta che l’economia e i contratti dei vari comparti del lavoro debbano essere modificati alla luce della potenza che ha l’essere online.

È inutile, infatti, continuare a dire che, chiusi in casa siamo lontani, distanti. Certo, è vero, siamo lontani e distanti. Ma con la testa, ne sono convinta, si può essere vicini. Quante persone - blogger, artisti, colleghi - ho conosciuto solo online e, tuttavia, con questi sento di avere profonde corrispondenze di pensiero? Sono anche convinta che non sia il mucchio di gente assembrato in un locale o in una discoteca o in un parco o in una spiaggia a renderci vicini. Tutt’altro. Quel mucchio serve solo a coprire con il cicaleccio la propria incapacità di saper parlare e rivolgersi produttivamente e profondamente all’altro. 

Quello che canto non è l’inno all’isolamento sociale - per quanto, molto spesso, lo confesso, ne godo - ma una maggiore qualità dei rapporti umani. Viaggiare davvero insieme su treni, bus e metro - potenziati! - alla giusta distanza, per fare lo stesso percorso - e magari la stessa vita - senza mandarsi quotidianamente a quel paese su chi debba sedersi o scendere prima; luoghi - chiusi e aperti - di maggiore qualità, sostenibili; orari più umani, che ci permettano di vivere di più il tempo con le persone che amiamo; creare e rispettare il silenzio altrui: perché è proprio in quell’apparente vuoto che si creano le cose migliori. 

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Torno a proporre La pie di Monet. Quest'opera è forse quella che più mi comunica la sensazione di calore e protezione familiare. Forse non esiste scenario innevato più avvolgente e caldo di questo. Si sa: sotto la neve, pane. 

Commenti

Vele Ivy ha detto…
Anch'io mi reputo una privilegiata... mia mamma, invece, lavora in ospedale: lì sì che è durissima!
Io mi trovo così bene a casa, dove posso riposarmi, stare con le mie figlie e coltivare i miei hobby, al punto che sento poco la mancanza della vita sociale. È anche questione di carattere.
Veronica ha detto…
Concordo con te, è tutta questione di carattere. Io a casa sono stata bene, proprio per gli stessi motivi che elenchi tu!
Non oso immaginare invece la vita in ospedale, mia cugina è infermiera e ho molti amici medici, tutti raccontano solo di quanto sia dura lavorare ora in reparto, soprattutto tornare poi a casa con il terrore di essersi contagiati e di contagiare i propri familiari.