I miei capelli




Per una particolare congiuntura astrale, il settimo mese della mia peste è coinciso con l’epocale
taglio dei miei capelli. Epocale almeno per due motivi.

Uno: quando una donna che ha avuto un bambino riesce ad andare dal parrucchiere, allora significa che la suddetta donna sta conciliando la sua vita di madre con quella di una persona che vive in società, che riesce a lavarsi, vestirsi, improfumarsi e addirittura a uscire di casa per raggiungere un luogo adibito alla cura di sé, lasciando il pargolo nelle mani del padre e dedicando a se stessa un’ora! Insomma, all’annullamento dei primi mesi segue anche il far coincidere vita di madre con vita di donna (ma solo per alcuni minuti a settimana).

Due: per me la cosa è ancor più epocale poiché, per una serie di motivi che non sto a dire, dal parrucchiere non sono mai andata neppure nei nove mesi di gravidanza. Ho tagliato i capelli il mese prima di rimanere incinta e poi nulla più. Perché io sono un po’ così. Uscire dal parrucchiere con i capelli ordinati mi piace, mi guardo allo specchio e ogni volta mi impegno a tornarci settimanalmente, ma poi mi impigrisco, decido che i miei capelli selvatici e lunghi e crespi e pieni di nodi hanno il loro fascino, che li posso legare in una treccia, in due trecce, in una coda alta, in una bassa, in uno chignon, lasciarli asciugare al sole e farli diventare boccolosi fino al sedere eccetera eccetera. Insomma, perché perdere tempo dal parrucchiere?

Be’, stavolta ho deciso di perderlo, questo tempo. Non solo perché i capelli andavano rinnovati e rafforzati. Ma anche per segnare una sorta di rito di passaggio tutto mio. 
Questi miei capelli hanno visto nove mesi di gravidanza e sette di maternità. Li ho immaginati crescere e accumulare esperienza - ogni centimetro un piccolo o grande evento di questo percorso. Mi è dispiaciuto tagliarli. Ma li ho tagliati per dirmi che non sono più incinta, che non sono più madre neofita da pochi mesi, ma che sono una mamma quasi navigata (per quanto nessuna madre sarà mai navigata ed esperta abbastanza del proprio figlio, che sta lì per stupirti e per dimostrarti ogni volta che è un essere umano con i suoi piedini e la sua strada), che sono una persona con una vita nuova (la mia e quella che ho generato). 

Come si dice. Vita nuova, capelli nuovi. 

Almeno fino a che non cederò di nuovo al fascino del loro inselvatichimento.


Immagine: Henri de Toulouse-Lautrec, Donna che si pettina, 1891, Musée d'Orsay, Parigi

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