Il viaggio continua - UNO E DUE
Il cotto del terrazzo brilla feroce sotto il sole - sembra cambiar colore. Diventare più scuro. Come la minestra di fagioli che bolle sui fornelli. O come i cornetti che stanno lievitando in forno, abbrustolendosi, lanciando schegge impazzite di zucchero nell’aria di casa.
Un caldo troppo caldo per accendere il forno, ma lei aveva voglia di impastare e affogare nella farina e nel burro quel po’ di malinconia che sale - e sale per forza - nelle giornate d’estate in cui le città si svuotano - e tu sei alle prese con i quasi mille scatti del giorno del tuo matrimonio.
Coi passi misura le mattonelle e indugia sotto il sole del terrazzo dando importanza a quei dettagli che, sotto la luce di luglio, diventano fiamme incandescenti e abbacinanti. E io, sdraiato sul divano, il computer sulle gambe, esercito l’indice con un click alla volta - ritmico, lento, quasi annoiato: costretto a guardare con occhi esterni quello che io e lei abbiamo vissuto in soggettiva. In un turbinio che sembrava passato e assorbito dalla vita di tutti i giorni, ma che continua a destarci ogni tanto, a elettrizzarci, a darci scariche di adrenalina, nonostante l’inverno del matrimonio sia diventato estate.
Sfiora con pollice e indice la foglia appiccicosa di una petunia - la sento piagnucolare. I cornetti si bruciano - le ricordo - e lei si asciuga le lacrime e corre al suo adorato impasto. Sforna i cornetti, li annusa, le torna sul viso un sorriso radioso, musicale: tocca un cornetto col coltello, il coltello fa crac, lei fa l’Evviva del bimbo sull’altalena. Lascia i cornetti sul tavolo, liberi di emanare il loro profumo e di mandarmi in pappa il cervello. Se na va di nuovo sul terrazzo. Inizia a potare il basilico e la salvia. Saltella. Improvvisamente non piagnucola più. Viene da me. Guarda lo schermo del computer dove scorre il nostro giorno. Fissa noi due vestiti in bianco e nero, un tramonto abbagliante, un’atmosfera da togliere il fiato.
Mormora nel mio orecchio annoiato: Sono i primi cornetti da sposata.
Non c’è bisogno che mi spieghi quello che ha appena detto. Avverto solo un senso di continuità. Comodo e necessario. Una sorta di ripetizione infinita di quel giorno in ogni giorno, in ogni istante della nostra vita dopo. Perché so che non le basterà più dire Sono i primi cornetti che faccio da sposata. Dirà anche: questi sono i secondi cornetti che faccio da sposata. E questi sono i primi cornetti al cioccolato che faccio da sposata. E questa è la millesima cena al ristorante che facciamo da marito e moglie.
La sensazione che quel giorno non sia stato solo un giorno. Ma che quel giorno sia stato l’inizio. Sembra banale dirlo. Ma è molto più di un inizio. È un inizio che si ripete, di continuo, e che proprio nel suo ripetersi trova un senso.
Sono successe tante cose in questi mesi. Le corse, i brindisi, le cene a tu per tu e le lunghe tavolate in famiglia, l’ebbrezza di una grigliata sul terrazzo, in piena solitudine, la città silenziosa e assonnata e solo tanto verde attorno a noi. La pioggia e il freddo e il caldo e il cambio stagione, i piccoli viaggi, i matrimoni altrui, le malinconie, i momenti da passare sdraiati sul letto, rannicchiati, come da piccoli, quando sembrava che il mondo fosse troppo più grande di noi. Però arriva quell’abbraccio - e due corpi se ne stanno rannicchiati allo stesso modo, stretti, e quel mondo che sembrava più grande di noi svanisce: ritorna la sensazione di grembo materno e la consapevolezza che, fuori di noi, nulla esiste. E poi basta poco, una minestra sul fuoco, i cornetti appena sfornati, un balcone fiorito a chiudere il nostro scrigno.
E, ogni giorno, ricomincia un nuovo giorno.
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