Si sveglia da un incubo - UNO E DUE
UNO E DUE prima parte - Diglielo tu; seconda parte - Allora, Prof, come continua?; terza parte - Un giorno, all'aprirsi dei boccioli d'albicocco; quarta parte - Torno a casa e mandorle ovunque; quinta parte - Perché, a volte, lei sparisce; sesta parte - Bella, mentre parla al vento sottovoce
Si sveglia da un incubo.
Mormora qualcosa – mormora Mamma – prima di aprire gli occhi. La
fisso, puntellato su un gomito e poggiato su un fianco, mentre le
faccio scudo con la schiena. Non siamo nel nostro letto, siamo
sdraiati tra l'erba di un parco alberato e ombreggiato, una piccola
oasi in cui nessuno viene a riposarsi, perché in pieno luglio si va al mare, non
al parco. E noi, al mare, andiamo in inverno.
Sbatte le palpebre. Sulle
sue iridi balenano due lamine infuocate di sole che hanno il colore
degli alberi e una pennellata di verde si posa per un istante sul
nero corvino dei suoi occhi.
Parlavi nel sonno, le
dico.
Sognavo di non riuscire a
parlare, risponde.
E poi? Che altro hai
sognato?
Non so. Era tutto in
bianco e nero. C'erano dei fantasmi. E un famoso chef mi costringeva
a mettere il burro nella pasta frolla, mentre io volevo usare lo
yogurt. Lui insisteva e io ho tentato di chiamare mia madre, per
farmi aiutare a mettere lo yogurt. Ma non riuscivo a emettere alcun
suono.
Comincio a ridere e rido
così forte che il gomito perde il suo equilibrio e io cado di
schiena.
Smettila di ridere, mi
fa, non è divertente. Sai che il mio sogno ha un fondo di verità.
Certo, esclamo, ad ogni
corso di cucina che segui fai impazzire i tuoi insegnanti con le idee
più strampalate. E non è facile convincere un pasticcere con
quarant'anni di carriera alle spalle a preparare la pasta frolla con
lo yogurt.
Si gira su un fianco.
Ma a me il burro non
piace, mormora nell'incavo delle braccia.
Il vestito nero a fiori
che indossa si alza e svolazza e per un istante sembra prendere vita.
E poi piace anche a te.
La pasta frolla con lo yogurt. Dice chiamandomi in causa. La crostata
che ho preparato. L'hai mangiata tutta tu!
Perché era la prima
crostata degna di nota che hai sfornato.
Prima tentavo di fare la
pasta frolla col burro e non mi veniva bene. Il burro non mi piace e
le mie mani, mentre impastano, lo sanno.
Sanno cosa?
Che non mi piace il
burro. E di conseguenza non piace neanche a loro.
A chi?
Alle mie mani. La smetti con queste domande stupide?
La smetto, non glielo
dico, ma lascio vagare lo sguardo tra i rami degli alberi fino a
raggiungere il cielo. Il cielo è riposante, se riesci a trovare un
angolo di blu non troppo illuminato – e i tuoi occhi diventano
immensi, se riesci a cadere e a perderti in un quadrato di azzurro
puro.
Lei fa altrettanto. Ma
posa una mano sulla mia guancia. Comincia a muovere la mano dal mento
agli occhi. E io, che ho la barba di pochi millimetri, ho la
sensazione che una scatola di spilli si sia rovesciata sulla mia
faccia.
Che fai?
Ti accarezzo.
Mi stai accarezzando
contropelo. Mi fai male.
Ah scusa. Credevo di
rilassarti.
Fa per togliere la mano,
ma gliela rapisco e me la tengo stretta sul petto.
Da domani, sussurra
mentre si addormenta di nuovo, da domani seguiamo una dieta di sole
insalate.
E perché questa tortura?
Per metterci in forma. Ed
entrare nel vestito. Per il matrimonio.
Sicura?
Non mi risponde. Respira
pesante. Dico Va bene, ma non prendo sul serio le sue parole
pronunciate nel dormiveglia.
Una nuvola entra nel
quadrato di cielo che sto fissando e ha la forma di un viso e poi di
un animale e man mano assume la forma di quello che io mi aspetto di
vedere.
Mi chiedo se si possa
vivere sempre così. Sdraiati sull'erba, un cestino da pic-nic con
gli avanzi di un pranzo speciale – e con un angolo di crostata con
la pasta frolla allo yogurt, perché a noi il burro non piace.
Vivere con gli alberi
negli occhi che scandiscono il ritmo di una giornata che non ha tempo
– e noi siamo senza tempo.
Mi chiedo se si possa
vivere sempre così. Come se ci fossimo appena svegliati da un
incubo, nell'attimo esatto in cui capiamo che era solo un incubo e
che siamo nel nostro letto, vicino a qualcuno a cui ci stringiamo –
un piccolo fagotto di gambe e braccia chiuse nell'attesa di
cancellare dalla pelle gli ultimi brividi del brutto sogno.
Mi chiedo se si possa
vivere così. Guardando il cielo, immaginando l'universo che si
nasconde dietro e facendo progetti senza farli per davvero.
Vivere un istante di vita
su un prato – e una mano stretta sul petto – come se fosse un
solo eterno istante fatto di due pelli e due cuori e due teste che
immaginano e pensano, nello stesso momento, la stessa cosa.
Short Story by ©Veronica Mondelli - Tutti i diritti riservati
Immagine: Gustav Klimt, Amanti, (1896?)
Soundtrack: Foo Fighters, I am a River
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