Blood Story (Let me in)
Titolo originale: Let me in - Anno: 2010 - Genere: horror - Nazionalità: Gran Bretagna/USA - Regia: Matt Reeves
Il
personaggio del vampiro, così come quello dello zombie, è uno dei
più letterariamente compiuti, tanto che su di esso sono state
molteplici le variazioni tematiche. Come ci sono zombie che camminano
lenti e zombie veloci, zombie simpatici e zombie terrificanti, così
anche il vampiro è suscettibile di esperimenti: ma forse rare volte
si è fatto di un horror un romanzo di formazione e del vampiro il
simbolo del passaggio all'adolescenza. Molto spesso il vampiro, sia
al cinema che nei fumetti, è stato sinonimo di lascivia, di
sensualità sperticata, di perdizione affascinante, di morbosità senza freni.
Qui,
invece, il vampiro diventa quasi un limite all'esistenza, è sinonimo
di quel freno che è possibile rintracciare in ogni adolescente in uno
dei momenti più sconvolgenti e difficili della sua vita.
In
Blood story il Bildungsroman è ovunque. Owen è un ragazzino che
cresce, è più gracile degli altri, è maltrattato dai compagni ed è
al centro della separazione dei genitori, che non pensano al figlio
ma solo alle loro beghe matrimoniali. Owen non è un ragazzino
problematico, semmai è il mondo attorno a lui ad esserlo. Ed ecco
che qui il vampiro, una bella ragazzina sola e isolata dal suo stesso
essere, diventa rito di passaggio e accettazione della propria
diversità. Laddove l'accettazione della diversità non è mai
un modo per integrarsi, per vivere bene con se stessi, ma è
amaramente una cosciente esclusione dal mondo.
Il vampiro che si nutre di sangue e uccide gli uomini e la ragazzina dolce che si tramuta in bestia sono solo alcuni modi per parlare di quel lato oscuro dell'adolescenza creato dal mondo circostante, che punta sempre il dito contro ciò che è o sembra anormale; quel mondo già troppo cresciuto dimentico di essere stato un tempo giovane e che per questo rende difficile qualunque tipo di integrazione.
Blood Story non è l'horror più bello degli ultimi vent'anni: almeno non lo è se pensiamo ai tipici stilemi degli horror. Lo spettatore non è indotto ad avere paura del mostro: la psicologia viene rovesciata e il terrore si prova per quel mondo "fuori dell'adolescente" così terrificante e omologante nei modi, nelle forme e nei pensieri. Nel sapiente ribaltamento dei termini sta effettivamente l'attrattiva della storia, seppure a volte il film è frenato probabilmente dal fatto che si tratta di un remake di un'opera che poggiava più sull'autorialità e meno sul genere.
C'è un'eccessiva dose di angoscia che però prende
all'anima. Stavolta l'horror smuove qualcosa che provano tutti e
mette in luce quanto l'elemento orrorifico non si trovi nel soprannaturale
ma nella realtà. In fondo, tutti gli horror traggono spunto dalle
paure più reali e recondite dell'uomo, creando metafore magiche o
soprannaturali. La paura di un “ritorno” dall'aldilà e il terrore
di essere bestie senza pensiero hanno creato lo zombie; il vampiro ha
sempre dato voce al notturno e anch'esso, in parte, alla bestialità
insita nell'uomo. Ma Blood Story punta quasi solo sul reale; meglio:
punta sulla realtà dello stato d'animo dell'uomo. Non è un horror
metafisico, ma un horror dei sentimenti quotidiani. Il sangue di cui
sono fatti gli uomini è lì a testimoniarlo: così “carnale”, il
sangue sta a simboleggiare la voglia di ribellione e la brama di uscire fuori
dalla dicotomia bambino-adulto; è l'istinto di succhiare via tutto
ciò che di marcio c'è nell'essere adulti e tutti uguali, portando
quel po' di autocoscienza e purezza che solo un vero “diverso” ha. Tant'è che forse il titolo originale del film, Let me in,
con il suo significato di ingresso e forse anche di soglia (di una stanza, un mondo,
un'anima) parla molto di più di una storia problematica tra adolescenti che non di un horror, mostrando che il vero fulcro del film è l'incontro tra anime escluse
dal mondo che nel trovarsi in comunione, nello scambiarsi amore e
sangue, proprio come Giulietta e Romeo, trovano (forse) pace.
Commenti
Blood Story ti ricorda Lasciami entrare perché ne è il remake. Lasciami entrare, infatti, è la traduzione esatta del titolo originale, Let me in.
Grazie per essere passata di qui e grazie per il tuo commento!
complimenti davvero per i tuoi ricchissimi ed appassionati testi... continua così! ;)
buon risveglio e a presto,
marco
benvenuto sul mio blog e grazie per il complimento :).
Il film è un po' "strano", non so dirti se sia davvero bello e ben fatto, ma di sicuro è da guardare per i particolari sentimenti che suscita.
Ciao e grazie ancora per il tuo commento!
Sul film: l'originale è nella mia classifica personale degli horror degli ultimi anni, pura poesia. È un po' che medito la visione di questo, che è ancora presente nelle sale della mia città, ma per adesso ho visto altro.
Una cosa mi è piaciuta della tua recensione: lo definisci giustamente horror, com'era horror anche l'altro. Dico questo perché molti, vedendone il lato romantico, l'hanno bollato come d'orrore solo in apparenza, mentre tu hai descritto benissimo le molteplici sfaccettature del mondo del macabro, di cosa è proiezione ed il filone culturale/vampirico.
Tornerò presto a leggerti! :)
Luigi
benvenuto da queste parti.
Ti ringrazio infinitamente per quello che mi dici, soprattutto perché hai notato la mia passione.
Mi ripeto, non so se questo remake sia davvero un bel film, ma mi è piaciuto il modo in cui è stato costruito l'elemento orrorifico, elemento che coinvolge lo spettatore sin nel profondo, generando vera angoscia.
Grazie ancora e a presto!
Grazie mille per essere passato di qua e per aver lasciato il tuo commento. Buona giornata!
Sono contenta di aver smosso la tua curiosità. Grazie infinite per il tuo commento!
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