Eleanor Oliphant sta benissimo



È un dato di fatto: tutti si identificheranno con Eleanor Oliphant. Anche quelli che non possiedono il suo carattere e le sue manie: perché Eleanor dice sempre la verità, la dice proprio ad alta voce, senza preoccuparsi delle conseguenze sociali che ciò comporta. 

La società e le sue regole sono un grande teatrino. Ci sono cose che non ci piacciono, ma che facciamo ugualmente solo perché è conveniente, è buon senso, è regola, è educazione. Eleanor non è consapevole di questo teatro e i suoi atteggiamenti e le sue parole sono diretta conseguenza di una purezza e di un’ingenuità dovute a una vita vissuta nella più totale solitudine.

La solitudine: bellissima quando è consapevole. Tragica quando è la sola cosa che si conosce. La solitudine permette a Eleanor di vedere le cose senza il filtro sociale, ma poi, una volta entrata in società, fa vivere a Eleanor delle situazioni al limite dell’inverosimile. 

Eleanor Oliphant sta benissimo è un libro in fondo “quotidiano”. Non succede nulla di eclatante: la sola cosa eclatante è nascosta per tutto il libro e si scopre soltanto nelle ultime dieci pagine. Eleanor Oliphant sta benissimo è la scoperta della vita, è una nascita, la rinascita di Eleanor, una ragazza di cui sappiamo poco o nulla: lavora, pranza e cena agli stessi orari e con gli stessi cibi, ama i cruciverba, passa tutto il tempo libero da sola e ha metà faccia deturpata da misteriose cicatrici.

Mi fermerei qui: non si può raccontare la trama di un libro che si scopre piano piano, grazie alla voce narrante della stessa protagonista. Una voce anomala, fuori dal coro eppure verissima che vi entrerà in testa e diventerà la vostra stessa voce, la voce delle cose che pensate ma che non dite e che  spesso nemmeno vi accorgete di pensare. 

Posso solo dire che è una voce che nelle primissime pagine appare fredda, con i suoi meccanismi precisissimi, il suo linguaggio inconsapevolmente ironico e forbito, con i suoi riferimenti alti e i suoi aggettivi taglienti e umoristici: ma poi diventerà una voce calda e avvolgente, di cui non potrete fare più a meno. Eleanor vi abbraccerà con i suoi pensieri e voi vorreste abbracciarla e tenervela come amica per farle capire che il calore umano è ben altra cosa dal fuoco... 

In più, devo aggiungere che Eleanor Oliphant sta benissimo è una vera scuola di scrittura: l’ho letto tradotto, sì. Non sono in grado di giudicare a fondo, ma la traduzione l’ho trovata giusta e calzante. E dalla traduzione di Stefano Beretta ho appreso quanto scrivere sia un mestiere duro, in cui il talento conta, ma in cui l’applicazione quotidiana (e notturna) faticosa la fa da padrone. Il libro è l’esordio di Gail Honeyman, che mi ha insegnato come si scrive un libro: sudore, dedizione, stare chiusi in casa a lavorare sulle frasi, a comporle e scardinarle affinché suonino davvero bene e solo in quel modo lì: il lavoro si sente, eccome. Altrimenti non sarebbe potuta venire fuori la voce di Eleanor, così precisa, metodica, unica e riconoscibilissima. Un personaggio che diventa persona reale.

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Attraverso l’attenta osservazione dai margini, avevo scoperto che spesso il successo sociale si basa su un minimo di finzione. A volte le persone popolari devono ridere di cose che non trovano molto divertenti, devono fare cose cui non tengono particolarmente, con gente di cui non apprezzano particolarmente la compagnia. Io no. Anni prima avevo deciso che se la scelta fosse stata tra fare così o volare in solitaria, allora avrei volato in solitaria. Era più sicuro. Il dolore è il prezzo che paghiamo per l’amore, dicono. E questo prezzo è troppo alto. - Gail Honeyman, Eleanor Oliphant sta benissimo

La foto è stata scattata da me. L'opera d'arte che compare nell'immagine è Le madri cattive di Giovanni Segantini (1894)

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