Rango


Gore Verbinski, l'autore di Rango, è nato nel 1964. Fa parte della stessa generazione di Quentin Tarantino, che è nato nel 1963. Quando i due registi erano solo due infanti, al cinema si alternavano le pellicole che andavano a costituire la Trilogia del Dollaro di Leone.
Tarantino e Verbinski non sono poeticamente accostabili, ma la loro data di nascita porta a riflessioni che non lasciano indifferenti. Entrambi fanno parte di una generazione che è cresciuta con certi miti, che ha maturato un gusto particolare e del tutto diverso dai registi americani di almeno una generazione prima.
Mi riferisco, ora, a quei movie brats che hanno cambiato completamente il cinema americano: Spielberg, Lucas, Coppola, Scorsese, tra i primi ad accogliere gli insegnamenti della Nouvelle Vague, i primi a mescolare cinema di genere americano all'autorialità europea, tutti nati tra gli anni Trenta e Quaranta, hanno avuto miti diversi, ispirazione diversa.
Ma, soprattutto, le due generazioni hanno studiato cose diverse. Si sa: quando si studia, si studia sempre ciò che è passato. Ciò che è contemporaneo è lasciato ai posteri. Per chi ha avuto vent'anni negli anni Sessanta, il western studiato, il western del passato, era quello incarnato da John Wayne e The Stagecoach (tristemente noto con lo scorrettissimo titolo di Ombre rosse). Ma per chi ha avuto vent'anni negli anni Ottanta, ai miti di John Wayne e John Ford si è affiancato un tipo di western più giovane e con caratteristiche formali diverse e nuove: il western di Leone.
Ed ecco che l'ispirazione cambia. Insomma: John Ford è un vero e proprio pilastro per l'arte cinematografica americana. Ma a chi s'ispira Tarantino quando crea quei suoi primi piani in stile cinemascope, quando compone la colonna sonora e crea una sana epicità da B-movie? Tarantino ama spasmodicamente Sergio Leone. Leone, sì, quello degli spaghetti western e di Clint Eastwood.

Nel 1990 esce al cinema Back to the Future III. Marty McFly si trova stavolta nel vecchio west. Entra in un saloon, fa una pessima figura chiedendo dell'acqua, gli dicono che c'è solo whisky, gliene versano un po' e quelle gocce che cadono fuori dal bicchiere bucano il bancone. Quando gli chiedono come si chiama, Marty risponde: “Clint Eastwood”.

Che c'entrano Tarantino, Leone e Ritorno al Futuro III con Rango?

Verbinski realizza una storia fenomenale, metacinemaografica e ricca di citazioni: un piccolo camaleonte abituato al suo terrario e con la smania per gli spettacoli e i film, viene catapultato nel selvaggio west. Nel selvaggio west degli animali: qui, il camaleonte entra in un saloon, chiede da bere dell'acqua, e quando gli versano alcool, questo cade fuori dal bicchiere e uccide una mosca (ah, le citazioni!). Quando gli chiedono come si chiama, il camaleonte legge su una bottiglia la parte finale di una parola e dice di chiamarsi Rango (e come non trovare un'assonanza con il nome del pistolero Django, lo spaghetti western diretto da Corbucci nel 1966?). Rango si spaccia per eroe, racconta di aver ucciso i sette fratelli Jenkins con una sola pallottola. Tutti gli credono, ma Rango ha solo tanta sete. Il villaggio è completamente all'asciutto, qualcuno manipola acqua, la spreca, non la fa arrivare nelle case. Rango diventa sceriffo per risolvere il mistero dell'acqua, ma ottiene poco o nulla, perché ancora non è un eroe a tutto tondo, perché, in fondo, lui non è andato “dall'altra parte”. Dall'altra parte, Rango incontrerà lo Spirito del West.
La scena dell'incontro con lo Spirito del West è a dir poco epica: chi può essere per Gore Verbinski l'incarnazione dello Spirito del West? Chi?
Ecco che nel bianco di un sogno si staglia  una figura alta e longilinea, protetta da un gran cappello, avvolta da un poncho marrone. Lo Spirito del West è un cowboy Senza Nome che porta con sé una serie di statuine d'oro: gli Oscar.

E chi altri è se non lui: Clint Eastwood?

Allora qui capiamo che c'è molto di più dietro l'azione di Verbinski, come dietro le azioni di Tarantino. I due registi citano e ricitano Leone (e si autocitano) perché il west esiste solo nei film western. Ma già Leone era andato oltre: il western leoniano non era quello delle lotte tra americani e indiani. Era un western visto con lo sguardo esterno di un italiano, un italiano molto capace che nel west, prima ancora che la storia, ha visto il Mito. Ed è di questo che si tratta: di miti. Rango, nel suo terrario, costruisce le proprie storie e il proprio mito. Rango sceriffo costruisce il proprio mito di cowboy. Leone ha creato un immaginario western epico ed epocale, quello dei silenzi, delle grandi panoramiche, dei dettagli, degli sguardi, dei primissimi piani, delle battute ciniche, dei personaggi imperturbabili: in loro non c'è l'America un po' spaccona e superiore di John Wayne. No. C'è il mito dell'antieroe spesso immorale, laconico e dalla pistola infallibile, quello che, quando spara o cavalca, va a tempo di musica (rigorosamente di Morricone!). E quell'antieroe Tarantino e Verbinski lo hanno preso e messo nei loro film, così come Zemeckis ha preso il cavaliere senza nome, il biondo dagli occhi di ghiaccio e dalla pelle bruciata dal sole, e l'ha messo in bocca a Marty McFly.
Così Verbinski, con Rango, ha fatto centro: il West è effettivamente un mito. Lo è sempre stato per gli statunitensi, il West è sempre stata la terra da picchettare, da conquistare, l'ultimo baluardo da raggiungere, ma anche la strada impervia e desolata dove l'avventura non finisce mai. Probabilmente, tutto ciò che noi abbiamo visto nei film western non è mai esistito davvero. O almeno non è esistito in quei termini epici e cinematografici. Il West è solo cinema. Il West è solo Mito.
E il personaggio di Rango è mito e il film ne spiega la nascita. L'epopea di Rango è infatti raccontata da quattro simpaticissimi gufi cantastorie - convinti che solo la morte possa fare la leggenda - che narrano e mitizzano lo strampalato camaleonte e che hanno impreziosito il film con una colonna sonora oltremodo stupenda, interprete privilegiata della magia di quel sogno cinematografico che è e rimarrà intramontabile: il Western.

Commenti

Hyde ha detto…
Questa recensione è... un bel film sui bei film citati nel film. Da una simile matrioska si presuppone che il film nocciolo sia altrettanto bello. Mi hai convinto, recupererò la visione al più presto e ti farò sapere. Ciao, grazie.
Veronica ha detto…
Doc, ti assicuro che il film è veramente ben fatto, coinvolgente e divertente.
Grazie per il tuo commento, ciao!
Maria D'Asaro ha detto…
Il ritmo da esperta affabulatrice, le citazioni tecniche nient'affatto leziose, l'abilità nel muoverti con estrema disinvoltura nella decima arte ... ti fanno un'ottima collega di Lietta Tornabuoni e di Irene Bignardi. Ciao!
Veronica ha detto…
Maria, grazie mille per i complimenti! Ma non merito certi accostamenti...
Grazie ancora per il tuo commento!
Anonimo ha detto…
Che bella recensione, ricca di spunti ed immagini, musiche e.. cinema! Non ho visto il film, ma ti faccio i miei complimenti!
Veronica ha detto…
Grazie, Carolina. Sei sempre molto gentile! Il film è davvero divertente e te lo stra-consiglio! Per chi è patologicamente cinefilo come me, un film come Rango, ricco di citazioni più o meno evidenti, è una vera goduria.
Sono rimasta molto colpita da questa recensione dettagliatissima e approfondita, da vera intenditrice.
E c'è chi dice che sono solo film per bambini? Tu dimostri che sotto il vestito c'è ben altro :)
Complimenti, ti metto tra i preferiti senz'altro :)
Veronica ha detto…
Be', non posso che ringraziarti di cuore! L'animazione è Cinema, altroché!
Aggiungo tra preferiti anche il tuo sito :)