L'epica nel cinema



A volte si è lì, senza pensarci, e ci si ritrova di fronte a cose che richiamano altre cose. Insomma, a volte si prende un libro, si guarda un film, si contempla un quadro e in mente si ha qualcos'altro e quel qualcos'altro è solo una sensazione inconscia e indefinibile.
Così, quando ho preso l'"Iliade", sì, proprio l'"Iliade" e, in particolare, quando sono arrivata al libro quinto, ho avuto esattamente la stessa sensazione di cui sopra. Stavo leggendo un'opera sopraffina di secoli fa e mi stavo appassionando come se stessi leggendo qualcosa di già letto. O meglio... come se stessi guardando qualcosa di già visto.
Leggevo in versi l'Iliade, buttando ogni tanto l'occhio al testo greco e allo stesso tempo provavo l'emozione indicibile di quando ho visto per la prima volta Old Boy, o... Kill Bill, o uno dei film della saga di Leone... o - ma questo sembrerebbe più facile da associare - 300.
E poi mi sono detta: "ma l'Iliade, in fin dei conti, è come Old Boy e consimili". Perciò mi sono buttata a capofitto in una riflessione omerico-cinematografica e ho trovato i miei perché.
Credo che la forma epica accomuni l'Iliade ai titoli di film che ho elencato.

Un'epica cruenta, quella di Omero, violentissima eppure estremamente poetica. Tutte le scene in cui si assiste a perforamenti di petti, a bocche squarciate, a teste mozzate, sono condite da una forma avvincente, elegante, lirica. E che dire, infatti, dei film che sopra ho messo in bella mostra?
La violenza disperata di Old Boy diventa una violenza elegante, impossibile da non ammirare... la tecninca cinematografica di Park Chan-wook è caratterizzata da una cura formale estrema che ci permette di assistere a scene di violenza terribili, ma allo stesso tempo cariche di enfasi e poesia.
L'epica di Omero è cruenta, abbiamo detto. La sua violenza è data dal mostrarcela al rallentatore. Con il ralenti, per usare un termine cinematografico. E oggi, al cinema, si fa grande uso del ralenti e delle interpolazioni (ricordo brevemente la tecnica inventata dai fratelli Wachowski per Matrix: panoramiche lentissime, realizzate dall'uso di fotocamere che scattano fotogrammi a breve distanza temporale l'uno dall'altro e uniti in un movimento fluido proprio dall'interpolazione).
Quando Omero scrive: "Scagliò, parlando così: Atena guidò l'arma/al naso, verso l'occhio: traversò i denti bianchi,/ troncò la lingua alla base il bronzo flessibile,/la punta uscì all'estremo del mento", ricorda una sfilza di film che al rallentatore e con tutte le tecniche permesse oggi dal digitale, ci mostrano fin nel minimo particolare armi che viaggiano e che si fanno strada nei corpi... e così a scene di questo tipo ho associato Kill Bill, Hero, 300.
E, infine (ma quanto ci sarebbe da dire! Tuttavia i blog lasciano solo tracce, e spunti...) l'epica, per essere epica, deve essere ripetitiva. La ripetizione aiutava coloro che raccontavano a ricordare a memoria, ma la ripetizione fa anche sì che la frase ripetuta, la scena ripetuta, diventi memorabile e si imprima nella mente di chi legge come qualcosa di necessario e ancestrale, indispensabile per scatenare una serie di emozioni fortissime. E qui, a livello cinematografico, ci sarebbero innumerevoli esempi da fare: Leone, nella trilogia del dollaro, ripete in continuazione, con varie sfumature e cambiamenti, la frase "Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, l'uomo con la pistola è un uomo morto." Ad esempio, anche la ripetizione della musica dei film di Leone dà al tutto un senso molto epico. E ancora: Park Chan-wook mette in bocca al suo personaggio una serie di frasi che spezzano il ritmo del film e che diventano imprescindibili: "Ridi e il mondo riderà con te, piangi e piangerai da solo" oppure "Ricorda, un granello di sabbia o una roccia, nell'acqua, affondano allo stesso modo".

Probabilmente una delle ripetizioni più epiche del cinema degli ultimi anni è stata la sequenza finale di 300, quando Leonida sembra arrendersi e invece non si arrende. Dapprima il re spartano getta lo scudo, la lancia e l'elmo... ma li getta per poter combattere meglio la sua ultima battaglia. Il narratore ripete le stesse frasi nel giro di pochi minuti, con un minimo di variazione nella ripetizione, tecnica indispensabile che colpisce sempre nel segno.

Insomma... l'epica è una forma, non è un contenuto. L'epica è una forma che ritorna, nel tempo e nelle arti e che, credo, non si sia mai estinta.

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