tag:blogger.com,1999:blog-35592777662040868252024-03-18T03:58:49.797+01:00Sguardi NotturniVeronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.comBlogger499125tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-29981501892685428632024-02-21T22:38:00.038+01:002024-02-21T22:38:00.135+01:00Il mondo di Tim Burton<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://www.trecuorieunavaligia.com/wp-content/uploads/2023/11/the-world-of-tim-burton-torino-con-bambini.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="520" data-original-width="780" src="https://www.trecuorieunavaligia.com/wp-content/uploads/2023/11/the-world-of-tim-burton-torino-con-bambini.jpg" /></a></div><p></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: trebuchet;">Al Museo del Cinema di Torino, nella splendida cornice della Mole Antonelliana, si dipana lungo una spirale la mostra dedicata a Tim Burton. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: trebuchet;">Il Museo del Cinema è già di per sé organizzato come se fosse un viaggio nella mente umana, fatto di collegamenti e voli pindarici, proprio come avviene quando si libera il pensiero e le immagini producono libere associazioni: la mostra su Burton si innesta in questa struttura già fortemente mentale e diventa un sentiero nel sentiero, una spirale nella spirale, che attorciglia le sinapsi e ha il potere di sprigionare altro pensiero, altre idee, altre immagini. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: trebuchet;">Dopo aver ammirato la parte dedicata all’archeologia del Cinema (grande idea quella di mostrare <i>L’arrivo del treno in stazione</i> dei Lumiere e poi scostare lo schermo e far entrare in sala un treno vero!), si passa attraverso la grande bocca di un personaggio burtoniano e si entra nella magia. I sensi, dal treno, alla bocca, ai suoni di sottofondo evanescenti sono continuamente sollecitati. All’interno della strepitosa cupola progettata da Alessandro Antonelli, puoi entrare attraverso la sagoma lasciata sulla porta del Coyote e ritrovarti nel Saloon in cui Clint Eastwood fa una delle sue stragi; e poi in un appartamento degli anni Cinquanta, cercando di capire cosa è vero e cosa è falso; imbattersi nelle scenografie di Cabiria e rimanere ammaliati di fronte a cosa l’uomo possa inventare e rendere vero ciò che è solo fantasia e gioco mentale. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: trebuchet;">E questo non è altro che il principio del cinema, nonché il principio creativo di Tim Burton. Davanti ad una ricostruzione dello studio dell’artista parte il corridoio che si sviluppa elicoidale lungo le pareti della cupola, salendo di piano in piano. I disegni di Tim Burton, alternati a storyboard, scene di film, statue dei personaggi, ci accompagnano fino su in cima, <i>a riveder le stelle</i>: dopo un viaggio tra le pietre miliari del regista e i suoi eroi reietti e commoventi, si arriva alla giostra finale, disegnata e creata da Burton stesso. La giostra gira, con i suoi personaggi fuori dal mondo e fuori del comune, e illumina. Quando sei lì, non vorresti più scendere. Sei perso nei disegni e contemporaneamente in alto… il resto del mondo, quello vero, è giù, minuscolo, abbandonato in favore di qualcos altro che vive solo in un universo parallelo. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: trebuchet;">Eppure quell'universo parallelo che prende forma ci appartiene: è la nostra mente. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: trebuchet;">Prima di andare via, con gli occhi pieni di queste immagini aliene e bellissime, riecheggiano le parole di Baudelaire, stampate a muro all'inizio del percorso e valide, a parer mio, per ogni epoca, per ogni tecnologia (dal greco <i>technè</i>=arte) inventata dall'uomo:</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: trebuchet;">"È una specie di giocattolo che da un po' di tempo tende a moltiplicarsi... </span><span style="font-family: trebuchet;">Mi riferisco al giocattolo scientifico... </span><span style="font-family: trebuchet;">può divertire a lungo e sviluppare nel cervello del bambino il gusto per gli effetti meravigliosi e sorprendenti. Lo stereoscopio appartiene a questo genere. Il fenachistiscopio, più vecchio è meno conosciuto."</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: right;"><span style="font-family: trebuchet;">Charles Baudelaire, <i>Morale du Joujou</i>, 1853</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: justify;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-92058613459558729762024-01-21T22:38:00.002+01:002024-01-21T22:38:00.142+01:00Fare, crescere <p><span style="font-family: trebuchet;"> I bambini crescono all’improvviso.</span></p>
<p style="font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Un giorno sono neonati, il giorno dopo sanno scrivere o vestirsi da soli. </span></p>
<p style="font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Forse siamo noi a non vederli crescere, a pensarli sempre piccoli. O sono loro a scattare da un livello all’altro troppo velocemente?</span></p>
<p style="font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Assorbono, in silenzio, senza saper inizialmente applicare. Poi, senza alcun preavviso, sanno fare. </span></p>
<p style="font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Per noi adulti non è così. Se decidiamo di imparare qualcosa, già sentiamo la fatica di doverlo fare. Poi ci mettiamo a lavorare e ogni obiettivo raggiunto diventa il pianerottolo momentaneo dopo una scalata faticosa e a tratti inarrivabile. E, nonostante ciò, abbiamo sempre la sensazione di non aver combinato nulla, di poter fare di più e meglio. </span></p>
<p style="font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Vorrei poter tornare bambina. E acquisire, a fatica, sì anche a fatica, ma una fatica gioiosa e inconsapevole, tutto ciò che mi occorre. E poi saper lasciare andare le cose che proprio non riescono o riescono solo nel modo in cui io sono capace. </span></p>
<p style="font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">E allo stesso tempo, vorrei poter tenere sempre a me stretto il ricordo fisico di un esserino minuscolo che impara standomi tra le braccia - in quell’attimo fuggevole prima che spicchi il volo. </span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-38859147624664494212023-12-21T22:38:00.001+01:002023-12-21T22:38:00.137+01:00Giornata di Sole<p><span style="font-family: "Helvetica Neue";"><i>Frozen</i>, le <i>Monster High</i>, Super Mario. Un mix esplosivo che, senza poter essere esprimibile, dice ogni cosa. Sono tutti personaggi diversi, piccolini, troppo potenti, a volte fragili ma comunque sempre combattenti, esplosivi, pieni di vita: rispecchiano perfettamente la mia peste. In sei anni ha costruito un mondo, il suo mondo, e sul quel mondo ha sprigionato e continua a sprigionare sole.</span><span style="font-family: "Helvetica Neue";"> </span></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Il mondo di prima nemmeno lo ricordo più e, francamente, non mi interessa: è un mondo che non ha senso e che ricordo essenzialmente come noioso. Adesso mi sembra di vivere, di vivere davvero: è vero quando si dice che con i figli si nasce una seconda volta. </p><p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Se devo recuperare il ricordo migliore dei primi giorni della mia nuova vita è quello del sole forte e dell’aria tersa, limpidissima, che vedevo dalla finestra dell’ospedale. </p><p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><br /></p><p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Ancora non lo sapevo, ma sarebbe stata una bellissima giornata di sole.</p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-44037060053387538572023-11-21T22:38:00.004+01:002023-11-21T22:38:00.136+01:00Scrivere e leggere<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOvIkp3b2W8mm5ECUk_ucP0vJO8GbxnqGz-0j1qwwTe4nUfFw_x96G7sJ03dBx57NYQuTg6k8VG9ygoCTCEueG0rC0v5e0axWtGJKMtQA5dKL0CXIFDWSUKiItyq8Dqoz4AjnAZEBJOzBtWYc6gJ4rM_Qwd13slsnbp2pLbi_chNcgJyCv3p8VkIylMDQ/s1280/lalettricemonet.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="979" data-original-width="1280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOvIkp3b2W8mm5ECUk_ucP0vJO8GbxnqGz-0j1qwwTe4nUfFw_x96G7sJ03dBx57NYQuTg6k8VG9ygoCTCEueG0rC0v5e0axWtGJKMtQA5dKL0CXIFDWSUKiItyq8Dqoz4AjnAZEBJOzBtWYc6gJ4rM_Qwd13slsnbp2pLbi_chNcgJyCv3p8VkIylMDQ/s16000/lalettricemonet.jpeg" /></a></div><br /><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span><p></p><p><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Con un ditino piccolo piccolo segue le lettere maiuscole, grandi, un po’ storte, e le sillaba. Ogni sillaba è un pensiero, una presa d’aria, un’emissione di voce, un punto fermo al pensiero. </span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">SA… RA… A… MA… SE… I… RO… SE… RO… SA…</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Un momento unico, irripetibile, inimitabile, quasi una sorta di seconda nascita: quello in cui ci si appropria delle lettere. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Il passaggio dalla preistoria alla storia, dall’uomo che è quasi un animale all’uomo che è consapevole di sé, è segnato proprio dall’invenzione della scrittura. La scrittura, una tecnologia, diventa lo spartiacque necessario tra l’incoscienza e la coscienza, l’irrazionalità e la razionalità, la bestia e l’essere umano vero e proprio. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Le parole ti fanno scrivere e pronunciare il tuo nome con consapevolezza. Quel nome è unico, è solo il tuo. Le parole ti fanno scrivere e pronunciare gli oggetti, che sono qualcosa di reale e tangibile, ma anche un suono comunicabile, che da quell’oggetto si stacca e che di quell’oggetto può dire tante altre cose: può essere poesia, etimologia, una grande metafora. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Imparare a leggere e scrivere è complesso, lo sto vedendo con i miei occhi, quelli di una che ha acquisito la lettura e la scrittura, la sente nel sangue, la sente come un’estensione dei propri organi e che ha dimenticato la fatica dell’assimilarla. Scrivere e leggere viene naturale come respirare. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Imparare a leggere e a scrivere è complesso, per questo quando si è acquisita la tecnica si ha un tesoro nel proprio cervello. Si ha la capacità di afferrare e comprendere il mondo. Di leggerlo. Di rimanerne anche incantanti. Di studiarlo. Di allontanarlo e avvicinarlo. Imparare a leggere e a scrivere è la nascita dell’essere umano, della donna e dell’uomo, che si staccano da quel miscuglio di esperienze che si vivono prima di saperle discernere con le parole. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Importante è nascere una seconda volta, ma ancora più importante è non smettere mai di esser bambini e bambine. Perché le parole sono importanti, ma lo è di più come le si usano. Anche per questo occorre tecnica. E <i>technè</i>, in lingua greca, significa <b>arte</b>. Possedere le parole e possederle nel modo giusto è l’arte visiva e metafisica più potente dell’essere umano. </span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-37624541432515687672023-10-21T22:38:00.017+02:002023-10-21T22:38:00.159+02:00Ritorno al futuro day<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://static1.cbrimages.com/wordpress/wp-content/uploads/2022/06/Back-to-the-Future-DeLorean-(2).jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="800" height="400" src="https://static1.cbrimages.com/wordpress/wp-content/uploads/2022/06/Back-to-the-Future-DeLorean-(2).jpeg" width="800" /></a></div><br /><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span><p></p><p><span style="font-family: trebuchet;"><i>Grande Giove! </i></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Direbbe Doc, con gli occhi sbarrati e pieni di meraviglia mista a terrore per il futuro. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">La conoscenza che si mescola all’ignoto e produce terribile bellezza. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Il cinema non è forse questo? Sì, lo è. E poter vedere <i><b>Ritorno al futuro</b></i> in 4K, su grande schermo, è un privilegio, una meraviglia e un grande viaggio nel tempo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Nel 1985 ero troppo piccola per andare al cinema. <i>Ritorno al futuro</i> è stata la scoperta di alcuni anni dopo, quando ho consumato i vhs di tutta la trilogia, fino a conoscere il film a memoria. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Zemeckis, nei suoi tre film, ha abbracciato i periodi fondanti per gli Stati Uniti e culturalmente iconici per il mondo intero: gli anni Ottanta - certo, erano il presente mentre si girava: ma gli anni Ottanta, già futuristici e bizzarri all’epoca, furono e sono un periodo quasi mitologico; gli anni Cinquanta del primo film; il selvaggio west (frontiera americana e frontiera di tanto epico cinema) del terzo film; un futuro distopico, per certi aspetti ancora lontano (le auto volanti purtroppo non sono ancora arrivate!) per altri già <i>presente</i>, nel secondo film. Le epoche ci sono, i generi cinematografici pure. L’esperimento è quello di mescolare elementi di epoche passate in una sola circostanza spazio-temporale: i jeans Levi’s negli anni Cinquanta, il rock di Chuck Berry suonato con un’energia sconfinata ben prima che il pezzo risuonasse davvero, un’auto inseguita da cavalli e indiani nell’Ottocento. </span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">A questo si mescola la storia di Marty, che fa parte di una genealogia di ragazzi tutti uguali, fisicamente e caratterialmente, che affrontano le diverse epoche con lo stesso spirito. Ma Marty ha qualcosa in più dalla sua parte: la conoscenza del passato, del presente e dei futuri che si modificano in base alle sue azioni. Foto che sbiadiscono, aspetti che cambiano, distorsioni temporali: sono tutti gli elementi che a un ingenuo, fumino e un po’ farfallone Marty danno la possibilità di capire, cambiare, evolvere. E la storia da raccontare è sempre la stessa: quella di chi lotta per sopravvivere in un mondo di maleducati e beceri, di bulli e violenti, che meriterebbero di finire sempre in un carro di letame. La storia è quella di chi lotta per sopravvivere e avere una vita serena, senza essere un supereroe. E noi nati negli anni Ottanta e cresciuti in un mondo spesso ostile inseguiamo ben volentieri il mito della serenità.</span></p><p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">In fondo, <i>Ritorno al futuro</i> non è che un romanzo di formazione in perfetto stile anni Ottanta, in cui un po’ di sano genere hollywoodiano, un po’ di mistero ottobrino in vista di Halloween e un po’ l’elemento affascinante e inconoscibile del tempo che si comprime, riduce, espande e modifica creano un film unico, un vero caposaldo generazionale. Un’icona che va oltre il tempo. </span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-47819802939379996392023-09-21T22:38:00.001+02:002023-09-21T22:38:00.160+02:00Ho deciso<p><span style="font-family: trebuchet;">“Oggi è una giornata nuvolosa ed io sono felice”</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">La scrittura è incerta, i quadrati rispettati eppure pieni di cancellature. In controluce si vede un “io sono triste” è una faccina che piange.</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Chiedo: “perché hai cancellato? Hai sbagliato?”</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Risponde: “no, all’inizio avevo scritto che ero triste, ma </span><span style="font-family: trebuchet;">poi ho cambiato idea e ho deciso che voglio essere felice”.</span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-1828781116705839352023-08-21T22:38:00.001+02:002023-08-21T22:38:00.140+02:00Heartstopper<p><span style="font-family: trebuchet;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="font-family: trebuchet;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQu249hkePcMo-4s7O-Jy2YbopnxzXU_NRqad-2XmsBKU2BAdBDk81LCA-u18WgE36e-UOxo_KSl_4kTmrhYjcy_eNq9OXShV4AWQa0qCBKTK-SaqAyhJL0vcL140jA_FRVdanQZbLFeJy9-P7HUK3hUl2o_2m0u_VgoHrxo484b1tTnBGa8r8I0MqLKU/s1280/heart.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQu249hkePcMo-4s7O-Jy2YbopnxzXU_NRqad-2XmsBKU2BAdBDk81LCA-u18WgE36e-UOxo_KSl_4kTmrhYjcy_eNq9OXShV4AWQa0qCBKTK-SaqAyhJL0vcL140jA_FRVdanQZbLFeJy9-P7HUK3hUl2o_2m0u_VgoHrxo484b1tTnBGa8r8I0MqLKU/s16000/heart.jpeg" /></a></span></div><span style="font-family: trebuchet;"><br /><i><br /></i></span><p></p><p><span style="font-family: trebuchet;"><i><br /></i></span></p><p><span style="font-family: trebuchet;"><i>Heartstopper</i> è tratto dalla graphic novel di Alice Oseman e, nel giro di sedici, brevissimi episodi è diventato un nuovo caposaldo generazionale. La comunità Lgbtq+ ha trovato senza ombra di dubbio il proprio personalissimo faro in un mondo di serie tv in cui, fino ad oggi, parlare di altro oltre l’eterosessualità era un aspetto piuttosto raro, se non inesistente. Ricordo produzioni che hanno segnato la mia generazione di bambina e poi adolescente nel corso degli anni Novanta e primi Duemila. Le serie <i>teen</i> erano esclusivamente etero, così come, ricordo, film che mettevano in ballo l’omosessualità (e non altro) erano sempre storie legate ai margini, a grossi problemi sociali e comportamentali - <i>Philadelphia</i> e <i>My own private Idaho</i> sono stati iconici. Ma chi non è eterosessuale, certo, non ha mai avuto il film d’amore in cui identificarsi, di quelli rose e fiori, scintillanti e un po’ patinati di cui tutti ogni tanto abbiamo bisogno. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Eppure, visto il successo globale di questa serie e l’identificazione semplice e genuina che provoca in qualsiasi spettatore, c’è da chiedersi perché non si sia arrivati prima a una storia così. Che di sicuro non è tutta rose e fiori, non è patinata, è scintillante e colorata e inequivocabilmente vera.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">È indubbio che il target giovanile odierno è di gran lunga più aperto mentalmente rispetto a una, due, tre generazioni fa. Lo vedo nei corridoi delle scuole. Dove ragazzini e ragazzine dai quattordici ai diciotto anni vivono le loro esperienze senza alcun problema. Non dico che sia tutto bellissimo e perfetto. Tutt’altro. Siamo solo all’inizio: c’è chi ha timore, chi non si palesa e tuttavia si mostra sempre per quello che è, senza indossare maschere. Trovo questa cosa bellissima. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Charlie, Tao, Elle e Isaac sono i quattro amici “sfigati” di una scuola maschile inglese. Elle si trasferisce subito in una scuola femminile: ha iniziato il suo percorso di transizione. Charlie è gay e lo sa tutta la scuola. Non ha alcun problema nel mostrarsi per ciò che è, ma a causa di alcune voci che sono circolate è stato vittima di episodi di bullismo e questo lo ha segnato. Tao e Isaac gli fanno da confidenti e lo proteggono. La sera si riuniscono tutti e quattro e guardano film mangiando pop corn. Hanno la passione per il cinema, l’arte, la lettura e la musica. Sono tutti e quattro molto intelligenti e non legano con chi a scuola fa lo spaccone o organizza feste piene di gente e solo apparentemente super cool. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Charlie sta vivendo una storia nascosta - non per suo volere - con Ben, che lo costringe a rinchiudersi nelle stanze più isolate di scuola e poi fa finta di non conoscerlo quando lo incrocia per i corridoi. Charlie, ragazzo sensibile e pieno di fragilità, bisognoso d’amore, accetta il gioco, anche se non gli piace. Ma presto arriva a capire che l’amore è altro. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Il primo giorno di scuola viene messo a condividere il banco con un ragazzo del terzo anno, Nick, il famosissimo e ambitissimo capitano della squadra di rugby. Fisicamente Nick è l’opposto di Charlie: alto, massiccio, un vero gigante. Charlie è piccolino e gracile e si porta addosso una magrezza che è la spia di qualcos’altro. Per Charlie è subito colpo di fulmine: delle piccole e colorate foglie animate iniziano a svolazzare attorno a lui. Sarà l’inizio di un’avventura che lo porterà a conoscere l’amore, a conoscersi e a fidarsi di chi gli sta vicino.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Per Nick, apparentemente così “normale”, sarà lo stesso un viaggio alla scoperta di se stesso. Un ragazzo gentile, amico di tutti, che dispensa abbracci e parole buone e che pian piano comprende la sua natura. Tra una battuta, una parola gentile, il confronto dei compiti e pomeriggi spensierati capisce di essersi innamorato di Charlie. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Attorno ai due ragazzi gravitano una serie di personaggi frizzanti e colorati, che ci insegnano che la vera normalità è essere diversi, è essere se stessi. Sono tutti ugualmente accomunati dal modo dolce e sensibile con cui vivono le prime esperienze amorose, la scoperta della propria identità, il rapporto con il mondo esterno, con i social, con le loro famiglie. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Non c’è ombra di dubbio che gran parte della costruzione dei personaggi è data dal supporto - o meno - dell’ambiente familiare. A eccezione di un solo personaggio, tutti i genitori supportano i propri figli nei loro amori e non danno alcun peso al fatto che essi siano omosessuali. Si confrontano con loro in modo del tutto - diciamolo, sì! - normale: il “non uscirai con Nick finché non consegni il compito di storia” o “quando siete a casa tenete la porta della camera aperta” sono frasi che ogni genitore direbbe al proprio figlio, indipendentemente da identità e orientamento. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Tecnicamente la serie scorre veloce. Gli argomenti vengono trattati con leggerezza, con la leggerezza profonda, a volte confusa, a volte inestricabile, tipica dell’adolescenza, ma mai con superficialità. La fotografia, le scenografie, i costumi sono tutti coloratissimi, a esprimere una vivacità interiore che dona gioia agli occhi e al cuore. L’espediente più interessante è il sopratesto delle animazioni, piccole foglie, scariche elettriche, farfalline, ma anche fosche nuvolette viola a commentare le emozioni dei personaggi. Capiamo cosa i personaggi provano non dalle parole, ma solo dalle immagini e dalla musica: in breve lo spettatore capisce l’alfabeto di ciò che sta vedendo: le scariche elettriche, un piccolo calore, indicano che c’è sintonia fisica. Le foglioline che volano fanno percepire una prima infatuazione, anche solo quella leggera emozione che brucia il cuore e quasi lo fa fermare. Proprio tale espediente permette a chi guarda di sentire subito l’emozione del personaggio ma, soprattutto, di sentirla dentro di sé: la sente e la riconosce, perché è qualcosa che ha già provato in passato o che prova con determinate persone. Il calore di una sintonia, il tepore di un giovane e immenso amore adolescenziale. Indipendentemente da chi si ama. Questo rende Heartstopper davvero universale: perché non è retorico dire che l’amore è amore. E solo questo dovrebbe bastare. </span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-51331207934235056262023-07-21T22:38:00.001+02:002023-07-21T22:55:50.161+02:00Barbie The Movie<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPdVPmFUtqEWOQgmuwe1WulSUj4xnjRqTevyOG4JDBD4oNadzb-YsMUj8z2Y--7ZMtxzNFn1yjarbdJgi5uln5SI94sWuTDzcBUJqkDXmsmS68tSktjwELB1Q6PJUhLF_t3KdV4bZXzGdQGOhl-kAKWjuHKoOtIpfsnqrl66vRWHnrwUaG8K-4an5J9UA/s1200/IMG_9793.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="630" data-original-width="1200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiPdVPmFUtqEWOQgmuwe1WulSUj4xnjRqTevyOG4JDBD4oNadzb-YsMUj8z2Y--7ZMtxzNFn1yjarbdJgi5uln5SI94sWuTDzcBUJqkDXmsmS68tSktjwELB1Q6PJUhLF_t3KdV4bZXzGdQGOhl-kAKWjuHKoOtIpfsnqrl66vRWHnrwUaG8K-4an5J9UA/s16000/IMG_9793.jpeg" /></a></div><br /><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;"><br /></span><p></p><p><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;">Barbie è sempre stata chiarissima. Lapalissiana. Lampante.</span></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Non ha mai nascosto nulla. Il sorriso bianchissimo e splendente. La bocca curata, gli occhi luminescenti, i suoi outifit pastello, preferibilmente rosa (che gioia quando uscì Barbie Benetton, tutta colorata e con accostamenti arditi!) dicono quello che Barbie esattamente è: ottimismo, felicità, voglia di fare, di essere quello che si vuole. L’essere di Barbie si allarga a tutto ciò che tocca: la sua casa, la sua auto, il suo camper, persino il suo cavallo, tutto il suo mondo è rosa.</p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Io ho sempre amato Barbie perché non sono mai stata come lei. Non sono alta, né bionda, né, soprattutto, sono ottimista e solare come lei. È proprio questo che mi ha sempre attirato di lei. Barbie nei miei giochi sapeva affrontare i problemi. Li risolveva. Io riflettevo in lei tutto quello che non andava in me, ma lei sapeva cosa fare e ne usciva col sorriso. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">La vera genialità del film di Barbie è che tutto questo è raccontato chiaro e tondo come il sorriso della sua protagonista. Non è un film che racconta un’avventura qualsiasi di Barbie, come hanno già fatto le due serie tv in computer grafica che sono su Netflix. Barbie The Movie parla</p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">di un mondo perfettamente rosa e femminista che è Barbieland e del mondo maschilista e reale</p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">in cui giocano le bambine (e soprattutto le mamme). Qual è il riflesso di Barbie nel mondo reale? Come è percepita la bambola dalle ragazzine di dalle donne? E, in tutto questo, Ken cosa è? Un’appendice femminile nel mondo Barbie, un maschio alpha sottomesso e pronto a esplodere? </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Barbie è entrambe le facce della medaglia dell’essere donna nel mondo: è autodeterminata e, in quanto tale, bella - perché così si sente - intelligente e carismatica ma, allo stesso tempo, proprio per questo motivi, è oggettificata, sessualizzata, ridotta a vittima del maschilismo. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Nell’estrema chiarezza della presentazione dei temi, che potrebbe fare di Barbie un film classico, siamo in realtà nel versante del post-postmoderno. Viene espressamente messo in scena il nucleo della teoria femminista del cinema, secondo la quale (semplifico) le donne ormai tendono a vedere se stesse con lo sguardo maschilista e pertanto a giudicarsi, pregiudicandosi da sole ogni possibilità: questa sarebbe l’esito più alto e letale del patriarcato. E il cinema, con il potere dell’identificazione, ha permesso che lo sguardo maschile bianco e eterosessuale diventasse lo sguardo delle donne. Ma pensiamo anche alla primissima sequenza, quella di presentazione del mondo di Barbie: i risvegli, i saluti, Ken che rimbalza su false onde: siamo in The Truman Show? Nel mondo che vogliamo? Siamo in un metafilm? Siamo in un film di genere e, se sì, quale genere è?</p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Giocando con le parole, è sicuramente di genere femminile: Greta Gerwig realizza un film che racconta perfettamente cosa è Barbie per noi (sì, noi nate negli anni Ottanta) e lo fa con il suo proprio piglio, il suo sguardo, il suo immaginario (eccezionale la gang di Barbie che pianifica la presa del potere con tute rosa, ricalcando La casa di carta).</p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Il mondo di Barbie potrebbe sembrare sbilanciato e, sì, lo è: tutto rosa, tutto al femminile. Ma è così sbilanciato per Riportare l’asse del mondo in equilibrio, in un universo in cui donne, uomini, i non binari, omosessuali, transessuali, neuorodivergenti e anche persone perfettamente stereotipate e normali (se mai esistono) possano avere il loro posto in totale libertà. E la platea che ha visto il film assieme a me, in una sala che traboccava, ha dimostrato che il mondo può stare in un gioioso equilibrio: ragazze patinate, ragazzi vestiti di rosa, uomini che erano molto Barbie, donne che erano molto Ken e io, che in una platea rosa mi sono vestita in denim e ho vissuto il film da bambina e da madre. Un mondo bellissimo e coloratissimo, vario, un po’ pazzo. Umano, sensibile, gioco che è specchio di come siamo e di come vorremmo essere. mai di plastica. Vero, come il cinema.</p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-50580720820343932092023-06-21T22:38:00.001+02:002023-06-21T22:38:00.144+02:00Stelle<p><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;">Il cielo e il mare sono le uniche due conoscenze dell’infinito che ha l’uomo.</span><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;"> </span></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Il mare e il cielo sono due distese azzurre e talvolta buie, che si riflettono l’una nell’altra. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Il cielo è realmente infinito: non ne possiamo vedere i contorni, li immaginiamo solo nei disegni o nei segni che, in fondo al mondo, l’orizzonte traccia con l’aiuto del mare.</p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Il mare è finito. Lo sappiamo bene, basta guardare una carta geografica. Eppure ci appare senza fine: l’orizzonte è uno scalino che sprofonda nel vuoto, al di là delle possibilità del nostro occhio; le profondità marine ci sembrano inarrivabili e oscure come un salto nel buio dell’universo. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Il mare e il cielo sono la casa dei naviganti. I marinai vivono sul mare interpretando il cielo. I due manti azzurri e blu sono indissolubili. Il marinaio alza gli occhi al cielo e legge le stelle, direzionando la nave verso la giusta meta. Le stelle sono vere e proprie bussole da seguire e interpretare perché il viaggio sia sicuro e l’approdo certo. Nella costellazione della Nave di Argo l’uomo ha visto le stelle a forma di imbarcazione: la fusione finale e perfetta tra i due infiniti che abbracciano il mondo. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Eppure, è bello anche non approdare mai: navigare fluidi sull’acqua mentre ci si perde nel mare eterno e prezioso illuminato dalle stelle. Lo spettacolo è talmente totalizzante che vorresti non finisse mai. Osservare le luci, seguirle, imitarle, riflettersi in esse.</p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">E poi arriva il giorno. Le stelle spariscono dietro il cielo chiarissimo. La terra si avvista lontana, diventa sempre più vicina. Ci si ferma. Ci si guarda intorno. Immobili, a farsi prendere dalle emozioni e dalle esperienze delle cose passate. Ci si volta e si ripercorre tutto il mare trascorso. Si guarda in alto e si va alla ricerca di quelle stelle che hanno fatto da guida e che ora non si vedono più. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 11px; font-stretch: normal; font-style: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-caps: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;">È tempo di un altro viaggio. Con altre rotte e altri lidi, altre costellazioni da inseguire. Le stelle del precedente viaggio, invisibili dietro il giorno, continuano a brillare dentro di noi. </p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-8384309813072958892023-05-21T22:38:00.001+02:002023-05-21T22:38:00.158+02:00Accanto <p><span style="font-family: trebuchet;">“Mamma, tu dormi, riposati, ci sono io accanto a te”</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Non saprei spiegare quanto questa frase concettualmente rovesciata, quasi innaturale, sia così piena di significato.</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">C’è la peste accanto, che io dorma o mangi o lavori o guardi un film. E il valore della parola accanto è immenso. C’è dentro un’origine di canto inteso come il canto che si intona. Dal canto mio. Da ciò che canto, da ciò che penso deriva questo. Ad cantum. Ad più accusativo, complemento di moto a luogo: io vengo verso dove canti tu. Dove sei tu. Cantiamo assieme. Siamo un solo suono, un canto all’unisono.</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Poco dopo la mia peste si siede alla scrivania e inizia a cantare. Un canto che inventa lei, non è italiano, non è inglese, è solo il suo linguaggio. Non seguo una parola, però lo comprendo. È il suo canto accanto a me, diverso e vicino, due strade in una. </span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-49367637944365778432023-05-14T15:31:00.005+02:002023-05-14T15:31:32.948+02:0014 maggio 1943-14 maggio 2023<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOi6bteMEtMzG16epyqe8bth58W1qp0K-tOv61wmRBNgsRokUnxLiqhLyph8ixzWwZGl-nGCWRXtor9A97W9D2tFoZ3G6Hsdw5hx3Rr6dmt7_EEmEPn_E0VugFHh9iBPXgPuC9DOt5AjfDWEF5V6InHruyjhWFqVYUuxMSJ_o18IUKC9_5tu8_7WJ4/s4032/IMG_0930.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOi6bteMEtMzG16epyqe8bth58W1qp0K-tOv61wmRBNgsRokUnxLiqhLyph8ixzWwZGl-nGCWRXtor9A97W9D2tFoZ3G6Hsdw5hx3Rr6dmt7_EEmEPn_E0VugFHh9iBPXgPuC9DOt5AjfDWEF5V6InHruyjhWFqVYUuxMSJ_o18IUKC9_5tu8_7WJ4/s16000/IMG_0930.jpeg" /></a></div><span style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: UICTFontTextStyleBody; font-size: 17px;">14 maggio 1943, ore 15,13.</span><p></p><p class="p1" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 17px; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span class="s1" style="font-family: UICTFontTextStyleBody;">Civitavecchia, “la bella città d’incanto”, un po’ borgo medievale, un po’ gioiello barocco, un po’ meta liberty delle serate estive romane, piccola e immensa di fronte al mare, viene rasa al suolo da un bombardamento alleato. </span></p><p class="p1" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 17px; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span class="s1" style="font-family: UICTFontTextStyleBody;">Al porto è attraccata una nave militare tedesca. </span></p><p class="p1" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 17px; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span class="s1" style="font-family: UICTFontTextStyleBody;">Le sirene non suonano. I civitavecchiesi vengono improvvisamente sconquassati dal boato della prima bomba che cade. Nessuno raggiunge i rifugi. </span></p><p class="p1" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 17px; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span class="s1" style="font-family: UICTFontTextStyleBody;">Si sgretolano pezzi di storia e di vita. </span></p><p class="p2" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 17px; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 22px;"><span class="s1" style="font-family: UICTFontTextStyleBody;"></span><br /></p><p class="p1" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 17px; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span class="s1" style="font-family: UICTFontTextStyleBody;">Quasi 900 persone cancellate dal bombardamento, di cui conservo sempre i racconti dei miei nonni.</span></p><p class="p2" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 17px; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 22px;"><span class="s1" style="font-family: UICTFontTextStyleBody;"></span><br /></p><p class="p1" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 17px; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span class="s1" style="font-family: UICTFontTextStyleBody;">Oggi, al posto della seconda strada, la via in cui abitava mio nonno, rimane solo un rudere del bombardamento con un’istallazione artistica.</span></p><p class="p2" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 17px; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 22px;"><span class="s1" style="font-family: UICTFontTextStyleBody;"></span><br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgucuhxJBOLi2pZiePSs3W_uttahFfqruF3Wc-JYYfB8OoI67xwayYr7vN04IVYQ_wsb9ITRI8oTefmswWLusGR9LTS5vG1uGOMq8jb5Z2aRguug4MJnMKwr1CzW1Sm6UwyceMPP6LpOgnV3ac-nm1S6d2WmupHC6WG10Vkvj_7yqTXCvaMN3l_sjbu/s4032/IMG_0925.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgucuhxJBOLi2pZiePSs3W_uttahFfqruF3Wc-JYYfB8OoI67xwayYr7vN04IVYQ_wsb9ITRI8oTefmswWLusGR9LTS5vG1uGOMq8jb5Z2aRguug4MJnMKwr1CzW1Sm6UwyceMPP6LpOgnV3ac-nm1S6d2WmupHC6WG10Vkvj_7yqTXCvaMN3l_sjbu/s16000/IMG_0925.jpeg" /></a></div><br /><p class="p2" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 17px; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 22px;"><br /></p><p class="p2" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 17px; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 22px;"><br /></p><p class="p1" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-feature-settings: normal; font-kerning: auto; font-optical-sizing: auto; font-size-adjust: none; font-size: 17px; font-stretch: normal; font-variant-alternates: normal; font-variant-east-asian: normal; font-variant-ligatures: normal; font-variant-numeric: normal; font-variant-position: normal; font-variation-settings: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span class="s1" style="font-family: UICTFontTextStyleBody;">Qualche metro più in là, Leandro, il nostro fondatore, che salvò i primi abitanti dall’assalto saraceno, ci guarda colorato e bonario. Da lassù vede l’infinito del nostro mare, che ci bagna, ci aggredisce, ci culla e ci ammalia, terribile e maestoso. </span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-77318015524804432212023-04-21T22:38:00.003+02:002023-04-21T22:38:00.215+02:00Io<p><span style="font-family: trebuchet;">Le maestre insegnano a dire a una bimba che ancora parla poco la parola “Io”. Così, alla domanda “chi vuole la mela? Chi sa questa cosa?” lei può alzare la mano e dire “Io!”</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Forse l’importanza di un tale insegnamento nemmeno andrebbe spiegata. E forse è inspiegabile proprio perché fa parte del nostro dispiegarsi come esseri umani. </span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Nasciamo protesi della donna che ci ha dato alla luce e da lei dipendiamo per molto tempo; camminiamo su quattro “zampe”, poi ci alziamo su due gambe e camminiamo da soli. Come ogni animale. Ma la parola, gli animali, non ce l’hanno. E, abituati a vivere in branco, soprattutto non conoscono quell’unica parola che ci definisce per quello che siamo, unici, irripetibili, qui, ora, in azione, in sentimento, in emozioni: IO. </span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">È l’animale che si fa uomo e donna, la natura che si fa cultura e arte. Che cos’è l’arte se non l’essere umano che afferma se stesso nel caos e che riesce a definire il caos? Ecco. Io è un’opera d’arte. L’essere umano, io, tu, noi tre, quella bimba siamo tutti opere d’arte. </span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-45539261099561707902023-03-21T22:38:00.002+01:002023-03-21T22:38:00.192+01:00Casa<p> </p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6O8CicujIKEXq_AfYDcTj1MBJmgRlJPi6wW-2sRtgz15COC0DzBLXuK7ZSXksT0PpdvC8VLtVvW0KIfnMCItvN95fzTwLUJmiDYtBdOpWPxM9KHOA_xT_54_4GPb7ofTKES_03Jsph-zQbmNJ_J6u1vfrks4K8of0GXNwQTF7BOxyWVYx5_RpDlmZ/s4289/CC54FC49-B375-4C0C-B483-9FF2BFAF9CFA.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="2909" data-original-width="4289" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6O8CicujIKEXq_AfYDcTj1MBJmgRlJPi6wW-2sRtgz15COC0DzBLXuK7ZSXksT0PpdvC8VLtVvW0KIfnMCItvN95fzTwLUJmiDYtBdOpWPxM9KHOA_xT_54_4GPb7ofTKES_03Jsph-zQbmNJ_J6u1vfrks4K8of0GXNwQTF7BOxyWVYx5_RpDlmZ/s16000/CC54FC49-B375-4C0C-B483-9FF2BFAF9CFA.jpeg" /></a></div><br /><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span><p></p><p><span style="font-family: trebuchet;">There’s no place like home - è scritto sul portone dei nostri nuovi vicini di casa.</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">There’s no place like home - cantano i White Lies. </span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Cos’è casa?</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Un luogo, un’abitudine, tre persone assieme?</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Per Magritte è il luogo in cui è giorno e notte nello stesso momento. </span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Casa è qualcosa che si cerca, indipendentemente da dove si è, e quando lo si trova ci si ferma - o non ci si ferma più. </span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Nel cambio di casa non si capisce nulla. Cambi pelle, abitudini, panorama, tempi e modi di fare tutto. Dopo quasi un mese, però, mi sono ritrovata a scrutare un angolino del bagno e a sentirlo caldo, accogliente.</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Ecco, per me la casa forse rimane sempre quella gazza in mezzo alla neve, mentre dalla casetta esce il fumo di un camino. </span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-1380872402685294382023-02-21T22:38:00.001+01:002023-02-21T22:38:00.196+01:00Non aver mai tempo <p><span style="font-family: trebuchet;">Non aver mai tempo non significa non aver tempo.</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Non aver mai tempo significa aver avuto il tempo per qualcosa. Aver speso il tempo per qualcuno.</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Aver impiegato il proprio tempo fino in fondo.</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Non esiste il tempo e non esiste non averne, se non nei limiti delle lancette dell’orologio.</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Esiste solo essersi dedicati a.</span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">L’unica misura del mio tempo è quella dolce stanchezza che mi fa addormentare, la sera, avvolta dalle coperte, nel piccolo calore di un abbraccio ricciolo. </span></p><p><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-29655731517022446332023-01-21T22:38:00.001+01:002023-01-21T22:38:00.209+01:00L’atelier del pittore <p><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;"><br /></span></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkg8w09QRoecpeuRZdkN0Bv3FbxD37scXJyXBStpCjOOyC0ON0e95wAwK-LQtWtsXlKTf7dns_XF_TeS1-oqn5ZfclOABWCCp027d6ZotooltyzbSeGGSKcQZFPXGQtHXplamyiz4bYCdPQBjKSKIPRY8UPmHwQL2OZKykqomnw0SSraVGg-JYRQXP/s16951/56AAEBF4-8A00-460B-A412-4ED61B9F6CD1.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="9989" data-original-width="16951" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkg8w09QRoecpeuRZdkN0Bv3FbxD37scXJyXBStpCjOOyC0ON0e95wAwK-LQtWtsXlKTf7dns_XF_TeS1-oqn5ZfclOABWCCp027d6ZotooltyzbSeGGSKcQZFPXGQtHXplamyiz4bYCdPQBjKSKIPRY8UPmHwQL2OZKykqomnw0SSraVGg-JYRQXP/s16000/56AAEBF4-8A00-460B-A412-4ED61B9F6CD1.jpeg" /></a></div><br /><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;"><br /></span><p></p><p><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;">Avevo intenzione di iniziare questo anno del blog con tanta voglia di riprendere a scrivere con più continuità; di parlare delle cose che più mi appassionano, il cinema, l’arte, le Serie tv, i libri.</span><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;"> </span></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Eppure, passati pochi giorni dall’inizio di gennaio, mi sono trovata a fare una riflessione, nata per caso. Ero in classe e spiegavo L’atelier del pittore di Courbet. Non il miglior dipinto dell’artista, secondo me, non uno dei miei preferiti. Eppure mi capita spesso che, mentre spiego e arrivo in fondo alla questione del quadro, io mi ritrovo ad amarlo - il quadro. Amo più l’idea dietro l’oggetto, che l’oggetto in sé. Tutta colpa di Argan.</p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Insomma, spiegavo il quadro, i due grandi gruppi di personaggi. Gli intellettuali, i filosofi, gli artisti da un lato: coloro che si accorgono di vivere e vivono di vita. Dall’altro, un becchino, una prostituta, sacerdoti, un clown: coloro che vivono meccanicamente. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">C’è chi si accorge di vivere e lo fa riflettendo e amando ciò che vede e chi vive per inerzia. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Stavo spiegando questo concetto, ho avuto la fortuna e l’immenso privilegio di farlo, di farlo davanti a degli adolescenti che, giustamente, non ti capiscono proprio del tutto e che sono lì per imparare qualcosa da te. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Ho capito perché scrivo meno, scrivo poco o non ne sento proprio l’esigenza: si scrive quando si ha bisogno di comunicare qualcosa, di esprimersi. Io ho la fortuna di fare un lavoro che mi permette ogni giorno di esprimere fin nel profondo ciò che amo e dii comunicarlo a qualcuno che, anche con una minima percentuale delle mie parole, pian piano, crescerà. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Al di fuori delle classi, ho giornate pienissime, riempite da due guance che sono l’opera d’arte della mia vita. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Non sento l’esigenza di scrivere, sempre e comunque. Sento l’esigenza di continuare a riempirmi la vita. E scrivere è qualcosa che faccio, sempre, ogni volta che guardo ciò che vedo, ogni volta che vivo ciò che sento - anche se non prendo una penna in mano. </p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-56688843535258606412022-12-21T22:38:00.001+01:002022-12-21T22:38:00.206+01:00Manina<p><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;"><br /></span></p><p><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;"><br /></span></p><p><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;">Guarda mamma ho sei dita!</span></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Una manina sono cinque dita. Uno, due, tre, quattro e cinque. Come cinque sono gli anni in cui siamo nati, tutti e tre. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">E però con un mirabolante gioco di prestigio, confondendo le idee, le dita possono diventare anche sei, o sette. Basta contare un numero in più sullo stesso dito. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">A quel punto, nel cinque, in cinque dita, in una manina, è contenuto tutto. Il Tutto.</p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Un mondo intero e anche oltre, anche più, che, in cinque anni, non ho ancora trovato il modo di descrivere. </p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-14095820042994199492022-11-21T22:38:00.001+01:002022-11-21T22:38:00.220+01:00Sbagli <p><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;"><br /></span></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYBO5RK8jXcMGaAx9_j8tEeyy7IxUidlnb45Lj-hl5O6wOii8iUjYVmwkaJiRpuENURVse3jAlYkbLu31gqBR-pViKEVFX56Mu0LKIQeGeK7ZiELO04T026WqAHwQ67OWTX5YL5rSG0eJ34k7Xt2M60OjLCbHJpe-808d9WjrdX7798y1sPAFjtSd_/s1200/20503ABD-A8D1-4340-A1D7-99D8CA310EA2.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="1200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYBO5RK8jXcMGaAx9_j8tEeyy7IxUidlnb45Lj-hl5O6wOii8iUjYVmwkaJiRpuENURVse3jAlYkbLu31gqBR-pViKEVFX56Mu0LKIQeGeK7ZiELO04T026WqAHwQ67OWTX5YL5rSG0eJ34k7Xt2M60OjLCbHJpe-808d9WjrdX7798y1sPAFjtSd_/s16000/20503ABD-A8D1-4340-A1D7-99D8CA310EA2.jpeg" /></a></div><br /><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;"><br /></span><p></p><p><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;">Essere genitori ti espone, sei nudo, vivi una seconda vita in appendice alla tua e spesso non sai se quello che sentì tu è quello che sente tuo figlio. Ti chiedi mille e mille volte se è giusto quello che stai facendo, se stai sbagliando, se sei troppo egoista, troppo permissivo. Non hai un equilibrio. Mai. Perché in un amore così estremo mantenere l’equilibrio è difficile.</span><span style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px;"> </span></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Essere insegnanti ti mette sulla sponda opposta. Non sei nudo, sei vestito e ben coperto dalle regole, dal buon senso, dal senso di giustizia, dal senso del percorso educativo che vuoi far percorrere. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Eppure nulla è così difficile come essere insegnanti quando sei anche genitore. Sai le regole, ma di fronte agli ennesimi occhi bruciati e inceneriti dell’alunno che ha appena sbagliato ti metti lì e cerchi di capire perché ha fatto quel che ha fatto. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Le regole sono complesse da fare capire; sono difficili persino da dire. Come glielo spieghi che è questa la via giusta? Come si dice a qualcuno che sta sbagliando? Non c’è nulla di peggio che far notare gli sbagli. E allora sei quello che inventa cose assurde pur di mantenere regole e sicurezza; sei quello che fa il duro pur di non cedere e non mollare in un percorso a ostacoli e però dentro sei un cuore pieno di zucchero. Che vorrebbe poter far capire a tutti che c’è molto di più di quello che si fa. </p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">Vorresti fargli capire che tu sei madre e insegnante e alunna allo stesso tempo. E che se anche hai più esperienza, non smetti mai di imparare e assestarti.</p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"> </p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-34210569951141919192022-10-21T22:38:00.001+02:002022-10-21T22:38:00.231+02:00Infanzia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxpSufO2WWsrZhnTzVWtGgcSMK2a-UFrWYbQUYAZGYgTK3fPz3FoIJSVn2XfVmrh7rtRmeClZ2CyenYdwGaxw-ryHJ737TRBXrMh4HvAEmjCwO1uP9mgHifA9wrqWo7ftXb5uT14x_Cv3OIfKOPgjlKAx-4gxlro6HwcGzcXt2FlAb6GVWLO4hpNv4/s600/4B9CF85F-312E-49FB-8A5A-8AE680C13BC7.webp" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="322" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxpSufO2WWsrZhnTzVWtGgcSMK2a-UFrWYbQUYAZGYgTK3fPz3FoIJSVn2XfVmrh7rtRmeClZ2CyenYdwGaxw-ryHJ737TRBXrMh4HvAEmjCwO1uP9mgHifA9wrqWo7ftXb5uT14x_Cv3OIfKOPgjlKAx-4gxlro6HwcGzcXt2FlAb6GVWLO4hpNv4/s16000/4B9CF85F-312E-49FB-8A5A-8AE680C13BC7.webp" /></a></div><p><span style="font-family: trebuchet;">La menade danza in preda all’estasi. L’estasi per nulla in particolare, è un’estasi fine a se stessa - estasi, letteralmente, uscire fuori da. Uscire fuori di sé. Per approfondire: vedere o sentire qualcosa di così bello che si esce fuori di sé. L’esperienza estetica ed estatica della musica o del vino. La menade non danza, perché la danza ha un linguaggio razionale sin troppo connotato: la menade muove convulsamente il corpo, si dimena, si denuda senza accorgersene. La menade è in un istintivo quanto necessario movimento di tutti i nervi, dei muscoli e del sangue.</span><span style="font-family: trebuchet;"> </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Secoli dopo, Degas dipinge forsennatamente ballerine su ballerine. Ballerine che ballano, ballerine che si allenano, ballerine in posa, ballerine stanche, annoiate, sonnolente. Secoli dopo, Degas dà della danza una visione così stretta, così connotata, così sociale. Matisse, qualche anno dopo, inventerà la sua <span style="font-style: italic;">danse</span> ai confini del mondo: e la danza diventa il modo per dire che la natura e l’uomo sono una cosa semplice. Matisse cerca di togliere tutte le sovrastrutture di Degas eppure, così facendo, ci ricorda comunque che il mondo è una costruzione, a volte libera, a volte ingabbiata, dell’uomo.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Nessuno sembra ricordare quella menade quasi pazza di movimento, con la schiena inarcata, la testa all’indietro, gli occhi infossati e drammaticamente oscuri. Nessuno ricorda quel lato dionisiaco, fosco, primigenio e inquietante perché impossibile da contenere. Nessuno lo ricorda perché tutti credono che la Grecia sia il mondo dell’armonia, dell’eleganza, della posatezza. Della perfezione immobile e pacata. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">E invece no. La Grecia antica è l’infanzia della nostra cultura. È l’infanzia del nostro modo di vedere le cose. L’uomo nei secoli è cresciuto e ha relegato l’infanzia, la propria infanzia artistica, a un tempo remoto, quasi dimenticato, e che, come tale, ricorda sempre ai limiti della perfezione. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Eppure, l’infanzia è l’unico bene che abbiamo. Rimanere un po’ infanti e un po’ caotici e primigeni dovrebbe tenerci in vita con curiosità e spirito d’avventura. E la menade, dopo millenni, è ancora lì colta nel suo dinamismo incontrollato, fanciullesco e primitivo come una bimba che si muove senza regole al suono della musica. </span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-29158372505354256012022-09-21T22:38:00.002+02:002022-09-21T22:38:00.204+02:00Innocenza <p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBMLsmB7uL2XydNry-ZopHyCd994MCh-OarOGl8II7i6zMmiP8qqQD6z897ae0RXB7idhAk8nYBTBD6cGAmx4HLlBCHhLVfAUnI9wyEMfMMHnceGrVFiuKgnOpuSwKVJTWHC190DAy6TKAqnpcfCwFKiApIr_beSOD36Jlvof0tyMzAWM1VohyY16F/s615/41D57882-0E17-4CC3-8949-C4F48FFEC986.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="332" data-original-width="615" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBMLsmB7uL2XydNry-ZopHyCd994MCh-OarOGl8II7i6zMmiP8qqQD6z897ae0RXB7idhAk8nYBTBD6cGAmx4HLlBCHhLVfAUnI9wyEMfMMHnceGrVFiuKgnOpuSwKVJTWHC190DAy6TKAqnpcfCwFKiApIr_beSOD36Jlvof0tyMzAWM1VohyY16F/s16000/41D57882-0E17-4CC3-8949-C4F48FFEC986.jpeg" /></a></div><br /><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span><p></p><p><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Cosa leggo negli occhi degli adolescenti è una nebbia densa e indefinibile. Ostentano una malizia che non hanno, cercano di nascondere giù in fondo l’innocenza che li fa essere ancora tanto, troppo bambini. Fingono di sapere tutto del mondo e della vita, ma non sanno nulla: che sia proprio questo gap a rappresentare la perdita dell’innocenza? </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;"><i>The innocent can never last</i> cantano i Green Day. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">L’innocenza non può durare. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">È vero. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">C’è sempre qualcosa che incrina il mondo ingenuo e fatato dei bambini. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Eppure quell’ingenuità permane. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">È una sorta di sottofondo. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Una tenerezza. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Una dolcezza che hanno anche i più duri (forse solo i più duri). </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Una richiesta d’aiuto. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">E tu sei quasi lì che vorresti dirgli andrà tutto bene e che però non lo fai, perché devono crescere e maturare e bla bla bla. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Forse non gli dici nulla, non li aiuti o li aiuti fingendo di non aiutarli perché sai che è proprio questo affrontare con difficoltà tutto che manterrà quel briciolo di innocenza in grado di uscire fuori al momento opportuno. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Nessuno cancella totalmente l’innocenza da sé, quel saper essere bambino curioso, vivace e ingenuo, che ride per un nonnulla e salta con i riccioli al vento. Quel tappeto morbido in cui perdersi ogni tanto, un po’ come il prato del Castello errante di Howl, è l’ultimo appiglio in ogni giornata di noi esseri umani. </span></p>
<p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><br /></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-17487582476268079392022-08-21T22:38:00.002+02:002022-08-21T22:38:00.202+02:00La prima volta che<p> Siamo andati al cinema. E ho guardato lo spettacolo seduto sulla poltrona accanto alla mia.</p><p>Ho fatto tutte quelle cose che mi sono sempre vergognata di fare, perché ora lo spettacolo non lo guardo soltanto, ma lo vivo in tutta la sua esuberante minuscola grandezza.</p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-83397502730948129852022-07-21T22:38:00.004+02:002022-07-21T22:38:00.203+02:00Viaggio<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjToj1_r9EVQ5TYCF1URQGz_-gJ-EGMuuuKgF-1sAo0G3QGoMSVlw8J9OrrXrfRpdWFkjubBE9jK_ZqHDsNYk-CvXDNGImvlm1aWPQa2GF6HRPfRWdJMkVTMB2XVpX1gw9n7aaVOchcZNAHTMGPhZKiuo8UxCAU_9YnazUJ_1PQsLpHOixvfb4iMeau/s700/8074B46F-E603-4704-A542-1A1E1AA1DDA1.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="700" data-original-width="565" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjToj1_r9EVQ5TYCF1URQGz_-gJ-EGMuuuKgF-1sAo0G3QGoMSVlw8J9OrrXrfRpdWFkjubBE9jK_ZqHDsNYk-CvXDNGImvlm1aWPQa2GF6HRPfRWdJMkVTMB2XVpX1gw9n7aaVOchcZNAHTMGPhZKiuo8UxCAU_9YnazUJ_1PQsLpHOixvfb4iMeau/s16000/8074B46F-E603-4704-A542-1A1E1AA1DDA1.jpeg" /></a></div><br /><p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><br /></p><p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;">“Non c’è bisogno che gli orizzonti siano ampi perché le battaglie siano importanti. Le rivoluzioni e gli avvenimenti più rimarchevoli hanno luogo sotto la volta del cranio, nel laboratorio angusto e misterioso del cervello.”</p><p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px; text-align: right;"><br /></p><p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: right;">Charles Baudelaire, <span style="font-style: italic;">Il Salon del 1846</span></p><p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: right;"><br /></p><p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: right;">Immagine: René Magritte, <span style="font-style: italic;">Il donatore felice</span>, 1966</p><p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.2px; text-align: right;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></p><p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; text-align: right;"><br /></p><p style="font-family: "Helvetica Neue"; font-size: 11px; font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.2px; text-align: right;"><span style="font-style: italic;"></span><br /></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-79756968776718917592022-06-21T22:38:00.007+02:002022-06-21T22:38:00.193+02:00Passaggi<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://ieb-assets.s3-eu-west-1.amazonaws.com/files/z6683mai0426-_noref-26-50-171013.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="613" data-original-width="800" src="https://ieb-assets.s3-eu-west-1.amazonaws.com/files/z6683mai0426-_noref-26-50-171013.jpg" /></a></div><br /><span style="font-family: helvetica;">Monet si dichiarava sempre insoddisfatto del suo lavoro. Dipingeva in maniera instancabile, posizionandosi nello stesso luogo per lungo tempo. Alla ricerca della luce e dell’aria, dell’atmosfera e dei barlumi fugaci del sole sui colori. Alla ricerca delle impressioni. </span><p></p><p><span style="font-family: helvetica;">Impressione non è solo ritrarre quel momento esatto, quel secondo di luce, quell’istante di colore.</span><span style="font-family: helvetica;"> </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: helvetica;">Impressione significa anche e soprattutto catturare l’interstizio, il passaggio, il <i>farsi</i> delle cose e della vita. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: helvetica;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: helvetica;">L’attimo esatto in cui l’alba diventa giorno e il tramonto diventa notte. L’attimo esatto in cui la pioggia lascia spazio all’arcobaleno, in cui il vento alza un’onda o l’ombra diventa luce.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: helvetica;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: helvetica;">Il punto è che non si tratta di attimi, ma di passaggi di condizione. E sono passaggi così infinitesimali che, pur mettendo una videocamera a riprendere il momento, quel momento, ugualmente, sfugge. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: helvetica;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: helvetica;">Ecco, siamo arrivati al nocciolo del problema: c’è qualcosa che corre e che noi inseguiamo, con ricordi, pensieri scritti e soprattutto foto, tante foto. Eppure non riusciamo mai a vedere il passaggio. Osserviamo uno stato e poi ci accorgiamo all’improvviso del nuovo stato delle cose. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: helvetica;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: helvetica;">Ho scomodato Monet perché è arrivato a casa, anche quest’anno, il raccoglitore ad anelli della scuola dell’infanzia, pieno di tutti i lavori svolti durante l’anno. Un anno accidentato, pieno di quarantene e virus d’ogni sorta. Eppure, nonostante le assenze, l’album si è riempito. È cresciuto giorno per giorno, mostrando ad ogni pagina, ad ogni disegno, ad ogni esercizio, una serie di passaggi invisibili. La mia peste a stento diceva la parola acqua e ora articola frasi complesse, in cui spesso fa capolino addirittura uno sbilenco congiuntivo passato; a malapena scarabocchiava e oggi imita le lettere lungo delle righe. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: helvetica;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: helvetica;">Mi sono chiesta quando sia accaduto tutto questo. Nel corso dell’anno, certo. Ma esattamente in quale momento? In quale punto, in quale interstizio, in quale passaggio dell’esistenza?</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 12px;"><span style="font-family: helvetica;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: helvetica;">Posso capire perché Claude si sentiva così frustrato, insoddisfatto - per quanto geniale. Perché capire esattamente il passaggio dall’ombra alla luce, il momento in cui le ombre sulla neve diventano viola, non solo è difficile: è impossibile. Ci troviamo a vivere inconsapevolmente una serie di passaggi invisibili - e sono quelli a fare la vita - e ad accorgerci solo di quando lo stato si assesta. Forse è per questo che esiste l’arte. Forse è per questo che viviamo attraverso i nostri figli. </span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-2560447323864497222022-05-21T22:38:00.002+02:002022-05-21T22:38:00.202+02:00Orecchini <p> <span style="font-family: trebuchet;">L’arte è piena di ritratti di donne; e spesso le protagoniste dei dipinti sono riccamente abbigliate e variamente ingioiellate. La più famosa è forse La ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer; ma quante dame e nobildonne quattrocentesche - e non solo - si sono fatte ritrarre risplendenti di ori e gemme preziose. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Ogni orecchino è indice di una certa personalità e sa raccontare qualcosa della donna che lo porta. Nei ritratti è pertanto fondamentale. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">È fondamentale per ogni donna, credo. Dentro e fuori dell’arte. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Gli orecchini sono una cornice al volto e, contestualmente, un racconto di cosa si è. Non un racconto completo: una sorta di spia del proprio carattere. </span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Io non ho orecchini molto vistosi, ma per me sono imprescindibili. Li porto sempre, mi fisso con un modello per lunghi periodi, quasi diventano un’estensione del mio corpo. Ma ci devono essere, sempre. Sono così tanto con me che a volte nemmeno li vedo, guardandomi allo specchio.</span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px; min-height: 13.1px;"><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p>
<p style="font-stretch: normal; line-height: normal; margin: 0px;"><span style="font-family: trebuchet;">Ma ho un’eccezione. Un paio di orecchini enormi, rossi, due grandi sfere di velluto attaccate al gancetto. È un’eccezione che mi rappresenta bene: perché sono così, sono rossa e ingombrante dentro, ma non lo voglio far vedere, se non rare, rarissime volte e solo per esigenze che rasentano l’emergenza. Sono orecchini speciali. Perché li ha cuciti la mia peste assieme alle sue preziose maestre: e forse quegli orecchini rossi e focosi, quella parte così sanguigna e agitata di me, non è altro che chi quegli orecchini me li ha regalati. Il mio gioiello più prezioso, più grande e più vistoso. </span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-64418316057869258512022-04-21T22:38:00.002+02:002022-04-21T22:38:00.215+02:00Capacità e bellezza<p> “Bisogna essere capaci di convivere con se stessi” soleva ripetere Henri de Toulouse Lautrec.</p><p>La capacità di stare soli con se stessi. Di capire, accogliere e accettare le proprie possibilità. Allontanare i difetti, perché se sono difetti allora proprio non sono presenti in noi. </p><p>Nei momenti meno facili, quelli in cui le forze e la motivazione se ne vanno, riuscire ad abbracciarsi - e accettare di poter fare quello che si può e decidere di non forzarsi a fare ciò che è impossibile fare.</p><p>Non è ignavia - o pigrizia. Significa solo investire tempo ed energie in ciò che è prezioso. Perché solo così si può fare del bene e lasciare del bello anche tra le difficoltà.</p><p>E ricordare sempre:</p><p>“Il dolore passa. La bellezza resta.” - Pierre-Auguste Renoir</p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-3559277766204086825.post-90177858505189784982022-03-21T22:38:00.002+01:002022-03-21T22:38:00.250+01:00Primavera<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgA3dunCS_SCKOklsiftccNd3BLihurxqOJB8RHBfnkG7lbvKWfj7XFxw_n6WAEfMSuQweK8Vb_Km_h6on6SWBk2QHuBtWubjJQNORTavDyWz-q1FGWztFt02NsymlabNhK1AKInXngqHCAUjWBwYcnt6lXOrZ7llQXe9OiN2IYucYPHvOJjzwaphBA/s4032/A4C4D0A9-2DAC-4D28-88B8-08875F87706D.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4032" data-original-width="3024" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgA3dunCS_SCKOklsiftccNd3BLihurxqOJB8RHBfnkG7lbvKWfj7XFxw_n6WAEfMSuQweK8Vb_Km_h6on6SWBk2QHuBtWubjJQNORTavDyWz-q1FGWztFt02NsymlabNhK1AKInXngqHCAUjWBwYcnt6lXOrZ7llQXe9OiN2IYucYPHvOJjzwaphBA/s16000/A4C4D0A9-2DAC-4D28-88B8-08875F87706D.jpeg" /></a></div><br /><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span><p></p><p><span style="font-family: trebuchet;"><br /></span></p><p><span style="font-family: trebuchet;">Questa primavera che sa ancora un po’ di inverno sboccia nei freddi più inaspettati, fiorisce nel cemento, fiorisce quando meno te lo aspetti, fiorisce sempre. </span></p>Veronicahttp://www.blogger.com/profile/02375804562972447783noreply@blogger.com0